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IL CASO BRAIBANTI - Per non dimenticare


Processo a un “eretico” nell’anno della liberazione. La vicenda di Aldo Braibanti, l’intellettuale condannato per plagio nel 1968, viene riportata alla luce nel documentario di Carmen Giardina e Massimiliano Palmese. Le testimonianze di chi sostenne Braibanti all'epoca nella sua battaglia. Una produzione Creuza e Ganga che continuano a presentare il film nei cinema italiani


IL CASO BRAIBANTI - Per non dimenticare
Aldo Braibanti
1968. Nell’anno della rivoluzione in Italia si tornò indietro di 100 anni con un vero e proprio “processo alle streghe”, anzi, all’”eretico” Aldo Braibanti: poeta, filosofo, artista poliedrico, in realtà difficilmente incasellabile in una sola definizione. Finì nelle cronache dell’epoca per un processo-farsa in cui venne condannato per plagio, accusato di essere “un ladro di anime”. Come Oscar Wilde venne messo alla sbarra perché omosessuale in una società che si apprestava a un cambiamento rivoluzionario ma che ancora in parte conservava il lato più intollerante e violento del passato fascista.

Carmen Giardina e Massimiliano Palmese con "Il caso Braibanti" riportano alla memoria una squallida vicenda italiana finita nel dimenticatoio che fa riflettere sui tanti pregiudizi ed episodi di odio e intolleranza ai quali ancora assistiamo. Aldo Braibanti fu processato perché la sua libertà di pensiero e il suo stile di vita eccentrico e anticonvenzionale erano inaccettabili agli occhi di ultracattolici e conservatori come la famiglia di Giovanni Sanfratello che trascinò in tribunale Braibanti accusandolo di aver deviato il figlio, di averlo sottomesso alle sue oscene voglie da omosessuale.
Sanfratello, che era maggiorenne e consenziente, aveva avuto una storia d’amore con Braibanti che lo aveva introdotto nella sua cerchia di amici artisti, pagato i suoi studi e sostenuto nella sua passione per la pittura. I due avevano vissuto a Roma un periodo felice, l’ultimo. Sanfratello fu scovato dalla famiglia, portato via e rinchiuso in manicomio, Braibanti sottoposto a un anacronistico e vile giudizio.

Tante le testimonianze di artisti, intellettuali, amici e politici che sostennero la sua causa come Dacia Maraini, Piegiorgio Bellocchio, Lou Castel, Elsa Morante, Pier Paolo Pasolini e Marco Pannella che si batté attivamente per denunciare questa assurda violazione della libertà personale. Narrato dal nipote Ferruccio Braibanti che visse accanto allo zio questo drammatico avvenimento, il documentario, attraverso foto d’archivio di famiglia, i video d’arte girati dallo stesso artista, tra le altre cose esponente di punta dell’avanguardia teatrale italiana, e le scene tratte dal testo teatrale di Massimiliano Palmese, mostra la vita piena di arte, cultura e amore di questo intellettuale in contrasto alla grottesca ignoranza dei suoi accusatori.

Il suo fu un processo politico, forse l’ultimo tentativo di preservare i valori fascisti contro le battaglie per i diritti civili che infuocavano in quel periodo tutto il mondo, retaggio di un’epoca dove non c’era posto per la bellezza e la libertà della quale ancora oggi, per fortuna in maniera contenuta, percepiamo ancora gli echi. Conoscere il caso Braibanti è importante proprio per comprendere fino in fondo quanto siano importanti ancora oggi le battaglie per i diritti civili, per non ritornare mai più all’epoca dei “processi alle streghe”.

19/09/2021, 10:26

Caterina Sabato