L’Archivio Furio Scarpelli, tra gli autori più importanti del cinema italiano, è stato donato recentemente dai figli Giacomo e Matteo alla Biblioteca Luigi Chiarini e, nel 2019, al Centro Studi Commedia all'italiana. La donazione alla Biblioteca del Centro Sperimentale di Cinematografia è finalizzata alla preservazione e alla massima diffusione degli scritti del grande sceneggiatore, giornalista, disegnatore, scenografo e pittore, nonché efficace narratore dei fenomeni di costume del Novecento italiano. Il fondo consiste in circa sessanta tra sceneggiature, trattamenti e scritti originali, sia in formato cartaceo, sia in quello digitale (attività svolta dal Centro Studi Commedia all’Italiana di Castiglioncello).
Furio Scarpelli (Roma, 16 dicembre 1919 - Roma, 28 aprile 2010), figlio di Filiberto Scarpelli fondatore del giornale umoristico romano «Il travaso delle idee», affina nel tempo il proprio talento per il disegno e per la scrittura satirica. Inizia così, già prima della guerra, a lavorare come illustratore per quella fucina di futuri talenti cinematografici (da Fellini a Scola, da Zapponi a Continenza, da Zavattini a Camerini) che era all’epoca il «Marc'Aurelio», celebre rivista satirica, dove conosce Agenore Incrocci, con cui forma la coppia storica Age & Scarpelli, sigla divenuta leggendaria e marchio di fabbrica della commedia all’italiana. Sin dagli anni '40, Vittorio Metz e Marcello Marchesi li coinvolgono nella stesura avventurosa di copioni per Totò, di cui firmano i primi successi, e poi della commedia all'italiana, di cui segnano l'inizio (I soliti ignoti, 1958, e La grande guerra, 1959, di Mario Monicelli, Tutti a casa, 1960, di Luigi Comencini), il periodo d'oro (I compagni, ancora di Monicelli, 1963; I mostri di Dino Risi, 1963; Sedotta e abbandonata di Pietro Germi, 1964, L’armata Brancaleone, 1966 e Brancaleone alle crociate, 1970 di Monicelli), e la fine (C'eravamo tanto amati, 1974 e La terrazza, 1980 di Ettore Scola). Lavorano con i maggiori registi che hanno portato il genere al massimo successo, delineando le contraddizioni dei personaggi dell'Italia del boom economico, trascendendone persino la cifra stilistica, per delineare i contorni di un cinema proprio, personale, tanto è fortemente riconoscibile la loro firma. Sempre in coppia con Age, scrive la sceneggiatura de Il buono, il brutto, il cattivo per Sergio Leone (1966). Concluso il sodalizio con Age, Scarpelli prosegue a collaborare in autonomia con Ettore Scola e con giovani autori e registi, nascono così i primi film di Francesca Archibugi e Paolo Virzì, stringe un rapporto di collaborazione con i giovani sceneggiatori dell'Anac (Associazione Nazionali Autori Cinematografici) e del Centro Sperimentale di Cinematografia, dove Scarpelli insegnerà per anni.
La verve dialettica di Scarpelli, contrapposta alla laconica incisività di Age, coglie sempre con straordinaria lucidità il centro del bersaglio mettendo a nudo vizi e virtù di un popolo camaleontico di fronte alla macchina da presa, rivelando i tratti tragicomici (tragicamente comici o comicamente tragici secondo i punti di vista) di una maschera immutabile, quella della commedia all’italiana, diventato un genere da studiare e affidare al giudizio degli storici, non solo di cinema.
La sua filmografia racchiude la storia del costume italico del secolo scorso, con mirabili incursioni nel passato (come nel caso de L’Armata Brancaleone, per il quale ha inventato con Age un geniale idioma immaginario, tra il latino maccheronico, la lingua volgare medievale e l’espressione dialettale).
Le sue sceneggiature sono un sapiente e calibrato mix di stile, argute connotazioni semantiche, elaborazione più descrittiva che narrativa, assenza di casualità ed avventura fine a se stessa, frutto di profonda riflessione e della sua formazione umoristico-satirica.
Più che un semplice disegnatore di storie, un artista che ha scritto la Storia del Cinema Italiano e ad essa la sua opera va ricondotta a futura memoria.