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FESTA DEL CINEMA DI ROMA 15 - L'insostenibile violenza sui bambini


L'opera prima di Nicolangelo Gelormini, in Selezione Ufficiale, affronta il tema importante della violenza sui minori e sulle conseguenze traumatiche degli abusi. Un fatto di cronaca raccontato con gli occhi di Fortuna, una bambina che non riesce più ad inquadrare la realta e le persone che la circondano. Con Valeria Golino, Pina Turco, Cristina Magnotti e Libero De Rienzo


FESTA DEL CINEMA DI ROMA 15 - L'insostenibile violenza sui bambini
Le interpreti principali di "Fortuna" alla Festa di Roma
In selezione ufficiale alla Festa del Cinema di Roma arriva l’opera prima di Nicolangelo Gelormini che va toccare un tasto molto spesso, e a ragione, suonato nel racconto cinematografico, l’abuso e la violenza sui bambini.
La protagonista del film, Fortuna (Cristina Magnotti), ci appare da subito come in preda a uno sdoppiamento della personalità, effetto tipico di chi subisce un trauma e spera così di trasferire sull’altro io il proprio dolore.

Sullo schermo in quattro terzi, all’inizio del film sembra di essere in un passato recente, forse gli anni 80, che ci fa sembrare come questa violenza sia senza tempo ma anche senza spazio, così ambientata in un contesto scenografico molto forzato, con l’estetica degli edifici popolari che trova una sua geometria quasi bella, malgrado nei dettagli si noti il degrado della periferia. In questo momento la bambina sembra chiamarsi Nancy, ha due genitori (Valeria Golino e Libero De Rienzo) che dimostrano molta attenzione e affetto per lei e frequenta una psicologa distratta e insensibile (Pina Turco) che tutto fa fuorché condurla verso una soluzione.

Nella seconda parte, in sedici noni, le parti si invertono ma non i caratteri, con la mamma single (Pina Turco) alle prese con un marito in carcere e distratta da chissà quali pensieri. La psicologa è qui Valeria Golino, che grazie alla sua umanità riesce ad aprire un varco nell’intimo di Fortuna (qui si chiama così), riuscendo ad arrivare alla verità.

"Fortuna", dopo una buona ora e un quarto di viaggi onirici e personali della bambina e la presentazione di personaggi e situazioni, arriva alla storia vera e propria che si materializza solo con la confessione della bimba alla terapeuta. Il film si chiude con una grafica che spiega come il film sia basato su una vera storia di cronaca avvenuta a Caivano vicino a Napoli.

Gelormini si impegna troppo a trovare le perfette geometrie delle inquadrature dalle millimetriche equidistanze e prova a stupirci con gli effetti sonori ma perde di vista lo svolgimento di una trama o lo sviluppo di un personaggio traumatizzato in grado di far appassionare a una vicenda che poteva prendere sicuramente qualcosa di più dalla cronaca.

19/10/2020, 23:55

Natalia Giunti