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PREMIO ZAVATTINI - I vincitori


PREMIO ZAVATTINI - I vincitori
Sono "Il mare che non muore" di Caterina Biasiucci, "Lo chiamavano Cargo" di Marco Signoretti e "L'Angelo della Storia" di Lorenzo Conte i tre progetti vincitori del Premio Zavattini 2019/20, annunciati dalla Giuria lo scorso sabato 25 gennaio. Gli autori riceveranno il sostegno del Premio per la realizzazione dei rispettivi cortometraggi e il riconoscimento di 2.000 euro ciascuno a lavoro terminato. Assegnata anche una menzione speciale a Het di Santiago Torresagasti, che potrà utilizzare liberamente il materiale d'archivio dei promotori dell'iniziativa.

Si può capire il futuro solo se si lavora sulla memoria in modo non accademico, immergendosi nella società”, ha affermato Vincenzo Vita, presidente della Fondazione AAMOD, che promuove il Premio. “Oggi Cesare Zavattini, di fronte alle straordinarie potenzialità del digitale che si impoveriscono nei selfie e nelle apparenze, avrebbe comunque spinto i giovani a lavorare concettualmente, proprio su questi materiali “usa e getta” per documentare nella maniera più creativa la realtà e il ruolo dell’immagine nella nostra vita”.

Antonio Medici, direttore del Premio, ha sottolineato la qualità del lavoro di sviluppo su tutti i progetti finalisti, augurandosi che anche gli autori non premiati possano proseguire nei percorsi di produzione e diffusione, forti delle spinte personali, di una comunità che si è creata, ma anche di materiali di presentazione dei progetti (un teaser e un dossier) bene impostati.

Non facile, infatti, è stata la scelta dei vincitori da parte della Giuria, come ha ricordato il suo presidente Gianfranco Pannone, che ha aggiunto: “E' stimolante partecipare ad una iniziativa come il Premio Zavattini, che nasce dall'unione di realtà diverse ed è un modo per reagire alla nostra crisi culturale. Sarebbe necessaria la creazione di una Federazione Nazionale degli Archivi per conservare e far conoscere al meglio gli straordinari patrimoni filmici italiani. Il lavoro che hanno fatto i candidati e le candidate del Premio sono, in questo senso, anche un atto di responsabilità nei confronti di questo patrimonio”.

I progetti vincitori del Premio Zavattini 2019/20 presentano una certa diversificazione di generi e di linguaggi: Caterina Biasiucci propone una riflessione evocativa sull’identità femminile, ricostruita attraverso la memoria familiare; Marco Signoretti la narrazione ironica del Mezzogiorno italiano e dei suoi mali secondo i codici di genere dello “spaghetti western”; Lorenzo Conte e Santiago Torresagasti focalizzano momenti storici collegati a due grandi personaggi del Novecento: il primo, guarda l'assedio di Salvador Allende nel palazzo presidenziale attraverso gli occhi di un cecchino; il secondo, ricostruisce la presenza clandestina a Milano del futuro presidente vietnamita Ho Chi Minh.

Nella stessa giornata del 25 gennaio, che ha visto l’avvio anche del progetto di residenza artistica “Unarchive. Suoni e Visioni”, è stata presentata anche la sinergia col Premio Bookciak, Azione! evento di pre-apertura delle Giornate degli Autori veneziane che dedica alla memoria una particolare sezione. In collaborazione col premio Zavattini saranno selezionati i migliori corti ispirati ai diari-romanzi di LiberEtà, casa editrice dello Spi-CGIL. Come afferma Gabriella Gallozzi, ideatrice e direttrice del concorso, “anche in questo caso si tratta di riuso creativo: si parte da un testo, i diari dei pensionati, per arrivare a un video di massimo tre minuti che esprima gli aspetti più visionari ed emotivi del libro, così da rimettere in circolo la memoria in forma di video-arte”. Maggiori dettagli sul Premio saranno a breve online su www.premio-bookciak-azione.it e www.bookciakmagazine.it

Il Premio Zavattini è una iniziativa promossa dalla Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, con il sostegno di MIBAC, Nuovo Imaie, Istituto Luce Cinecittà e la collaborazione di Cineteca Sarda, Officina Visioni, Deriva Film, Arci Ucci, Ficc. Media partner Radio Radicale.

Le motivazioni della Giuria sui tre progetti vincitori:

"Il mare che non muore" di Caterina Biasiucci
Per la sua originale e suggestiva rielaborazione della memoria familiare e autobiografica, che intreccia il tempo della storia e il tempo dell’esistenza sotto il segno dell’identità femminile. Il racconto, fondato sui flussi del ricordo, ci immerge in atmosfere e visioni che hanno un carattere corporeo e fantastico, reale e fiabesco, legato all’orizzonte degli archetipi e dei miti. La dimensione sonora accentua con particolare forza espressiva il tono evocativo e interiore delle immagini.

"Lo chiamavano Cargo" di Marco Signoretti
Per più motivi: l'umorismo che lo connota, una sensibilità alla storia sociale e un'attenzione al cosiddetto cinema minore italiano, qui visto attraverso gli Spaghetti western. In più l'autore, Marco Signoretti, con il suo teaser mostra di avere non poca consapevolezza delle potenzialità linguistiche ed espressive del cinema. Cargo ci immerge, fin dalla scrittura, in un'Italia del Sud povera ed esotica, problematica e ricca di storia, vista in particolare attraverso il filtro della documentaristica sociale e politicamente impegnata degli anni sessanta e settanta, con il contrappunto di suoni e musiche dell'epica western, che ci fa pensare a un documentario capace di raccontare un'Italia ancora non del tutto esplorata.

"L'Angelo della Storia" di Lorenzo Conteì
Per la capacità di coniugare l'urgenza di una riflessione storica, che peraltro appare oggi più che mai necessaria in Cile, con la dimensione della scelta e della responsabilità individuale creando una forte tensione narrativa e un interessante conflitto drammaturgico.
L'uso dell'archivio che mostra l'ultimo discorso di Salvador Allende ed in particolare il suono delle sue parole ricontestualizzato nella forma della soggettiva visiva e sonora è complesso eppure risolto con naturalezza mentre la messa in scena della parte finzionale nella sua elegante semplicità rende merito alla scelta del film ibrido.

Menzione speciale a
Het di Santiago Torresagasti
Per un progetto che ci ha rivelato una storia sconosciuta ai più, quella del giovane futuro Ho Chi Min nella Milano degli anni trenta, raccontata in bilico tra lo sguardo documentaristico e la ricostruzione fiction. Il nostro auspicio è che, realizzando il corto, l'autore trovi un approccio visivo più coraggioso e consapevole delle potenzialità linguistiche del cinema.

26/01/2020, 15:46