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GIORNATE DEL CINEMA MUTO 38 - Terminata a Pordenone l'edizione 2019


GIORNATE DEL CINEMA MUTO 38 - Terminata a Pordenone l'edizione 2019
Con un bilancio molto positivo per quanto riguarda le presenze degli accreditati e del pubblico si chiude a Pordenone la 38a edizione delle Giornate del Cinema Muto, che domenica 13 ottobre alle 16.30 propone insieme al Teatro Verdi, che lo ha inserito nel proprio programma, la replica dell'evento di apertura, The Kid (Il monello) di Charlie Chaplin, accompagnato dall’Orchestra San Marco di Pordenone diretta da Günter Buchwald.

Il direttore Jay Weissberg, per il quarto anno al timone del festival, si è dichiarato soddisfatto del risultato artistico, soprattutto considerando il favore e l’interesse che hanno suscitato le retrospettive di William S. Hart e di Reginald Denny. La prima perché ha permesso di capire il successo di un personaggio che aveva modellato su di sé il primo western e la cui popolarità aveva varcato ogni frontiera al punto da ipotizzare un’influenza della sua recitazione anche sul cinema giapponese. Reginald Denny, che i più ricordavano come brillante caratterista delle commedie sonore dagli anni Trenta in poi, è stato riscoperto come protagonista assoluto della Universal nella metà degli anni Venti, con una comicità del tutto personale che bilanciava il lato slapstick con uno humour più sofisticato dovuto alla sua formazione e origine britannica. Denny non è stato solo un protagonista nel cinema ma un personaggio eclettico soprattutto per il suo interesse per l’aeronautica, come ha raccontato la nipote Kimberly Pucci, ospite speciale per tutta la durata del festival, nel libro Prince of Drones (principe dei droni) presentato a Pordenone.

Anche nel 2019 sono state applaudite le “Nasty Women”, che hanno portato oltre al caos e al disordine sullo schermo anche una nota politica in quanto antesignane di un movimento femminista che rovesciava gli schemi tradizionali di potere uomo-donna. Molti dei cortometraggi visti sullo schermo del Verdi saranno presto riuniti in un dvd a cura degli archivi da cui provengono i film.

Anche il direttore, come già il presidente Livio Jacob, ha sottolineato la difficoltà di allestire un programma all’altezza delle aspettative con una riduzione significativa dei contributi economici rispetto agli anni scorsi.

Come sempre, alla base del programma vi è la collaborazione di tante personalità, una cinquantina fra archivisti e studiosi che hanno curato alcune sezioni e redatto le schede del catalogo, mai così “monumentale” (326 pagine), e il supporto di 48 cineteche e altre istituzioni nazionali e internazionali che hanno prestato i film, come Museo Nazionale del Cinema di Torino, Cineteca Italiana di Milano, CSC-Cineteca Nazionale, Cineteca di Bologna, Library of Congress, George Eastman Museum, San Francisco Silent Film Festival, EYE Filmmuseum, British Film Institute, Lobster Films, National Film Center of Japan, China Film Archive, Národní Filmový Archiv, NBC Universal, gli archivi nazionali dei paesi scandinavi e molti altri. Grazie a loro sono passati sullo schermo del Verdi 222 titoli.

Un ruolo fondamentale come sempre lo ha avuto la musica di accompagnamento eseguita sia da singoli musicisti che da gruppi e orchestre. In particolare si segnala l’importante recupero della partitura originale di Vladimir Deshevov per il film sovietico Un frammento d’impero eseguita dall’Orchestra San Marco di Pordenone.

Per quanto riguarda il 2020 – la 39a edizione si svolgerà dal 3 al 10 ottobre – il direttore Jay Weissberg anticipa che sicuramente ci sarà una ripresa del focus su Suzanne Grandais, l’attrice francese dalla carriera e dalla vita brevissima di cui sono stati presentati quest’anno solo pochi film, e una retrospettiva sulla Ruritania, immaginario Paese europeo identificabile nei Balcani, luogo di esotismo e mistero, di femme fatale e di avventura. Anche in questo caso è prevista una collaborazione con molti archivi internazionali e una presenza nella rassegna anche di titoli italiani. Weissberg ha rimarcato con soddisfazione la centralità e il prestigio che le Giornate del Cinema Muto continuano ad avere nel mondo, considerato anche il fatto che negli anni sono sorte iniziative simili in diversi Paesi, dal San Francisco Silent Film Festival all’International Istanbul Silent Cinema Days. Per tutti questi festival, però, Pordenone rappresenta il punto di riferimento.

Nel frattempo, già a novembre prosegue la collaborazione delle Giornate del Cinema Muto con la Fondation Jérôme Seydoux-Pathé, che per il secondo anno consecutivo organizzerà “Pordenone à Paris”, un evento di due settimane che ripropone nella capitale francese una selezione di film passati al festival. A questo si aggiunge un altro evento che le Giornate co-organizzano negli Stati Uniti, presso la Indiana University a Bloomington (sede di parte dell'archivio di Orson Welles nonché importante archivio di film amatoriali), che pure presenterà una selezione di film di questa edizione del festival abbinati a seminari per studenti e pubblico.

Venendo ai numeri, gli accreditati anche quest’anno hanno superato il migliaio. Aumenta l'internazionalità del pubblico, con gli stranieri a formare il 60% e gli italiani il 40%. Fra coloro che arrivano da più lontano, 15 canadesi, 6 australiani, 8 giapponesi, 5 brasiliani, 6 messicani. Sold out, come d'abitudine, nelle serate di apertura e di chiusura, rispettivamente con The Kid di Chaplin e The Lodger di Hitchcock accompagnati dall’orchestra. Grande affluenza in tutti gli ordini di posto fino in terza galleria lo hanno registrato la prima mondiale del restauro di Duck Soup con Stanlio e Ollio seguito da Beverly of Graustark (Il principe azzurro) di Sidney Franklin, con la sempre magnifica Marion Davies; il capolavoro sovietico Oblomok imperii (Un frammento d’impero) di Fridrikh Ermler; la proiezione di Sally, Irene and Mary, con Joan Crawford.

12/10/2019, 17:00