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FIGLI DEL DESTINO - I Bambini e le leggi razziali del 1938


Mercoledì 23 in prima serata su Rai1 la docufiction che racconta le leggi razziali dal punto di vista di quattro bambini sopravvissuti alla persecuzione nazifascista. Liliana Segre, Tullio Foà, Lia Levi e Guido Cava. Prodotto da Red Film e Rai Fiction, diretto da Francesco Miccichè e Marco Spagnoli con Massimo Poggio, Massimiliano Gallo, Patrizio Rispo e Valentina Lodovini. La voce narrante è di Neri Marcorè.


FIGLI DEL DESTINO - I Bambini e le leggi razziali del 1938
Figli del Destino, su Rai1 il 23 gennaio
“Cosa ho fatto?” chiede sconvolta una piccola Liliana Segre al padre che le dice che non potrà più andare a scuola. È l’innocente domanda di una bambina che non può ancora comprendere il male. Il 5 settembre del 1938 la sua e la vita di milioni di ebrei italiani viene cambiata per sempre quando il Re Vittorio Emanuele III firma le Leggi Razziali.

In "Figli del destino" vengono raccontate, alternando scene di finzione accuratamente ricostruite, immagini di repertorio e le testimonianze degli stessi sopravvissuti, le storie di quattro bambini ebrei in quattro città diverse: Liliana Segre a Milano, Tullio Foà a Napoli, Lia Levi a Roma e Guido Cava a Pisa. Una sorte comune per quattro vite che prenderanno percorsi diversi.

Per Liliana Segre il destino sarà più infame: lei e il padre vengono arrestati mentre tentano di scappare in Svizzera. Vengono deportati ad Auschwitz e separati. Non si vedranno mai più. Lei sopravviverà al campo di concentramento e alla “marcia della morte”. Ed è proprio il racconto di quest’ultima che lascia maggiormente il segno: lucida e senza retorica la senatrice a vita racconta, senza cedere all’emozione, di quando diventò vecchia a solo 13 anni, di quando in una cella del carcere di San Vittore abbracciava suo padre sfinito da ore di interrogatori come se fosse non più sua figlia ma una madre, una sorella maggiore. Parole taglienti e insopportabili che comunicano più dei libri di storia l’assurdità di quegli spietati provvedimenti.

I più “fortunati”, Foà, Levi e Cava, si salveranno dall’incubo dei campi di concentramento grazie all’aiuto di persone straordinarie e coraggiose che non gireranno la testa dall’altra parte: un Commissario di Polizia, le suore di un istituto religioso, un medico fascista ma umano. L’altra faccia della medaglia di quei sette anni di privazioni, umiliazioni, nascondendosi, cambiando nome e cognome, vivendo costantemente nella paura. Il lato umano che spesso si dimentica: donne e uomini che rischiarono la vita per salvare bambini ebrei. Esempi di orgoglio e ribellione come il popolo campano che, nell’ottobre del ’44, riuscì a liberarsi dal dominio nazifascista prima dell’arrivo degli Alleati. E poi l’interno di Auschwitz rappresentato come un inquietante incubo dalle immagini distorte e soffocanti, espressione dell’inferno in terra.

La regia di Marco Spagnoli e Francesco Miccichè è puntuale ed essenziale e non si affida ai patetismi né alla retorica ma racconta la persecuzione dal punto di vista dell’innocenza perduta. I quattro piccoli interpreti sono naturali e ben diretti, in particolare Chiara Bono che riesce a restituire con intensità la “passione” di Liliana Segre.

22/01/2019, 09:42

Caterina Sabato