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FESTIVAL DEI POPOLI 58 - Intervista a Chiara Campara


FESTIVAL DEI POPOLI 58 - Intervista a Chiara Campara
Una scena de "Le Allettanti Promesse"
Chiara Campara e Lorenzo Faggi sono i due registi del documentario “Le allettanti promesse”. Abbiamo rivolto alla Campara alcune domande riguardo alla loro ultima produzione, che tratta dell’evento annuale denominato Wikimania, svoltosi nel 2016 a Esino Lario. L’incontro, che raduna centinaia di volontari di Wikipedia, per la prima volta si è tenuto in una realtà rurale e isolata, che si distacca nettamente dalle metropoli in cui solitamente viene organizzato.

Da che cosa è nata l’idea di trattare questa tematica?
La prima idea ci è venuta quando abbiamo letto la notizia che a Esino Lario si sarebbe svelto il meeting internazionale dei volontari di Wikipedia. Quando poi siamo andati nel paese, che ancora era lontano dai preparativi perché mancava un anno e mezzo dall’evento effettivo, siamo entrati in contatto con le persone del luogo e ci siamo resi conto che, oltre a questo evento c’erano dei nodi molto più interessanti del meeting in sé. Una realtà molto varia al suo interno, con i suoi conflitti e le sue problematiche ma per alcuni tratti anche molto moderna. Ci siamo accorti che osservando quanto sarebbe accaduto di lì ad un anno ad Esino c’era la possibilità di osservare in un piccolo laboratorio sociale quello che secondo noi la nostra società più nel complesso sta vivendo. Inoltre, nel paese era presente un centro di accoglienza migranti in cui questi, non senza difficoltà, stavano cercando di trovare un loro posto. In un piccolo posto, in una settimana si sarebbero incontrate tre comunità diverse: la comunità del paese, la comunità del centro di accoglienza e la comunità digitale proveniente da tutto il mondo. Ci è sembrata una cosa esplosiva.

Ci sono alcune figure che ricorrono più volte durante il documentario, secondo quali criteri le avete selezionate?
Non c’è mai solo un motivo che ti porta a seguire una persona. Ci sono dei motivi personali nel senso che ci sono persone che ti agganciano emotivamente di più. Per esempio il ragazzo del centro di accoglienza che alla fine è anche diventato un nostro amico. Ne è nata una relazione profonda. Era una persona che sembrava desiderasse moltissimo trovare il suo posto in quella realtà. Aveva una forte desiderio di apertura alla diversità e questo era anche uno dei temi su cui ci siamo confrontati di più. Aspetto che lo accomuna alla signora anziana che va a lezione di inglese e che mette a posto la casa per accogliere le persone. C’era un forte entusiasmo e unaz forte brama di conoscere. Questo era un sentimento positivo che all’interno di ognuno di loro aveva una sfaccettatura diversa. Un altro personaggio interessante era il contadino, l’ultimo rimasto in paese, legato fortemente alla terra. Altri personaggi invece sono solo tratteggiati perché quello che volevamo fare era travalicare i confini del singolo paese e di rendere il tutto più universale, lo volevamo rendere un simbolo del quadro piò complesso della contemporaneità.

Infine, c’è una qualche situazione particolare che vi ha colpito di più rispetto ad altre durante le riprese?
Io credo che uno degli incontri che più ci ha colpito sia stato proprio quello con il contadino. Perché è un po’ un contadino sui generis, che non fa del ritorno alla tradizione un’esaltazione degli usi locali di un tempo ma lo fa in uno spirito libertario senza alcuna retorica. Anche se apparentemente lui non ha uno stretto legame col filo rosso della storia abbiamo deciso di inserirlo perché funziona da contrappunto, è un modo per non dimenticare dove siamo. C’è una messa in discussione forte del concetto di centro e periferia, che era anche uno dei motivi per cui Wikimania è stato fatto a Esino. Il suo legame fortissimo con la natura e totalmente privo di idealizzazione è sicuramente una delle cose che ci ha toccato di più. Altro aspetto è sicuramento il senso di comunità che abbiamo trovato nel paese.


Gabriele Nunzati

17/10/2017, 12:22