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VIEW CONFERENCE 2014 - Diario della seconda giornata


VIEW CONFERENCE 2014 - Diario della seconda giornata
Giorno 2 a View Conference, inizio ancora una volta italiano con alcune realtà digitali decisamente interessanti.

L'onore di aprire il programma è toccato a Daniela Calisi di PubCoder, società torinese che si è posta "l'obiettivo utopico di innovare il libro digitale". Il libro del futuro, "enhanced" (migliorato), quando viene realizzato come si dovrebbe - multitouch, con testo mobile, con giochi, video e quant'altro - richiedeva finora costi elevatissimi: PubCoder ha creato un software che "a basso costo può essere utile per gli editori ma anche per chi vuole spingere al massimo la parte creativa dei propri libri, facendoli diventare fortemente interattivi".
Mostrando alcuni esempi di libri già realizzati con il loro software - "Milano ad altezza bambino", guida interattiva per ragazzi, o una guida interattiva di Tokyo che sappia anche "parlare il giapponese al posto mio, se devo ad esempio comprare un biglietto dell'autobus!", o anche libri prettamente artistici come "Not Here" - Calisi è poi passata a mostrare il semplice funzionamento del software, che riesce in modo intuitivo a offrire notevoli capacità di interazione sul testo e sulle animazioni. "Siamo ancora agli inizi, siamo qui a View anche per cercare nuovi autori, che pensino il libro 'digital first': le potenzialità di PubCoder sono tantissime, e pensare prima a quello che si può fare permette la nascita di libri davvero nuovi e innovativi".

Sempre da Torino è arrivato Giuseppe Franchi per parlare di T-Union, di cui è sviluppatore. "Fare videogame non è semplice, ma è pura passione", ha esordito. "La nostra idea è quella di fare rete tra tutti noi che lavoriamo in questo campo, per conoscerci tra 'simili' e pensare insieme a nuovi sviluppi: noi vogliamo anche parlare di videogame, per farlo in modo giusto. Ad esempio con eventi come la Game Jam, in cui si realizza a gruppi un videogame in 48 ore, che a gennaio abbiamo organizzato a Torino ed è stato il primo 'atto' di T-Union. E' stato un successo che ci ha sorpreso, 74 persone hanno partecipato e ne sono usciti 9 prototipi! A giugno abbiamo allora pensato la Jam to Day, e poi ancora la Mega Game Jam alla Reggia di Venaria per gli MTV Digital Days. Vogliamo farne ancora, perché anche grazie a questi eventi ci si conosce tra professionisti e appassionati e nascono interessanti rapporti di lavoro".

Grande attesa per l'intervento di un'ospite abituale di View, Lucia Modesto: lo scorso anno aveva fatto sognare la platea anticipando qualcosa dal film (allora) in lavorazione, "Mr. Peabody & Sherman", questa volta si è potuta addentrare con maggior libertà nel lavoro su quel titolo.
"Volevamo - ha spiegato Modesto, supervisore alla caratterizzazione dei personaggi di Dreamworks - che i nostri beniamini fossero molto cartoonistici, con extra-braccia ed extra-gambe per le scene di movimento. Gestire questa quantità di arti, con la giusta quantità di trasparenze, rende frame by frame il movimento decisamente più fluido alla visione". Un altro problema da affrontare riguardava i tanti viaggi nel tempo della storia, che "creano buchi spazio-temporali e sdoppiamenti dei personaggi, motivo per cui ci servivano molti modelli. E poi tantissimi ambienti da realizzare, diverse epoche per cui diversi abbigliamenti e ogni aspetto curato su scala molto più ampia, tra l'Egitto prima di Cristo e la Francia della rivoluzione francese abbiamo davvero dovuto creare moltissimi dettagli!".
Davvero enorme la quantità di particolari mostrati da Lucia Modesto per lo studio e la realizzazione dei personaggi (compresi i tantissimi 'nomi' storici inseriti nel film, davvero divertenti), segreto del successo del suo lavoro. "Come le tante interazioni pensate per la Monna Lisa, nelle scene ambientate a Firenze nel '500 con Leonardo da Vinci. Il vestito, il sorriso, i palazzi e tutti gli ambienti stati complessi da realizzare. Una parte per noi davvero divertente è stata poi l'invenzione delle tante ipotetiche invenzioni di Leonardo, dalla lavatrice a pedali al lancia-uomo volante...".
Sollecitata dal pubblico, Modesto ha confidato di "non amare lavorare sui sequel, sono una cosa 'già fatta' e tutti noi rigger e animatori vogliamo sempre sfide nuove. Ma gli studios li amano, se il pubblico ha apprezzato un film sanno che economicamente farne un sequel conviene: io ad esempio ho lavorato a tutti i film della saga di Shrek, e ora stiamo lavorando su Kung Fu Panda 3 e altri. Le nuove tecnologie a disposizione rendono un po' interessante la sfida, ma mai come quella di fare qualcosa da zero".

Gianmario Catania e Diego Viezzoli sono giunti a View per parlare di Rainbow CGI, una delle principali realtà italiane del settore animazione 3D, introdotta da un breve filmato per chi (pochi, sicuramente, tra i presenti in sala) non avesse avuto presente l'esperienza e il lavoro dello studio che ha inventato, tra gli altri, il fenomeno WinX. "Noi non possiamo essere come i grandi studios americani, siamo in meno e dobbiamo fare tutti più ruoli nella lavorazione dei vari progetti", hanno spiegato. "Fenice è il nome che abbiamo dato alla nostra nuova pipeline, nata dopo l'uscita del film "Gladiatori di Roma" nel 2012".
Catania e Viezzoli hanno mostrato nel dettaglio i vari software usati nella storia di Rainbow, spiegandone l'evoluzione e l'interazione nei vari progetti e come oggi Rainbow CGI si muove per i suoi prodotti. "Fenice nasce dalle ceneri della pipeline precedente, anche se non tutto è andato bruciato e qualcosa abbiamo mantenuto. Il nostro obiettivo era quello di farla diventare più snella ed efficiente, per agevolare il lavoro e contenere i costi. Oggi con il versionamento vari aspetti del lavoro possono essere quasi sovrapposti, non è più necessario attendere la fine del lavoro di un reparto per far iniziare il successivo. Fondamentale è stato anche ripensare la comunicazione tra i reparti ripensando anche la dislocazione fisica dei diversi reparti, evitando errori anche banali che prima capitavano e ora non più".

A chiudere la mattinata la presentazione di A Blind Legend, a cura di Pierre-Alain Gagne di Dowino, un videogioco davvero speciale pensato per vedenti e non vedenti e realizzato anche grazie a una campagna di crowdfunding. "Si tratta di un videogame senza video", ha spiegato, "un'idea folle nata inizialmente nel 2007, ma tecnicamente ai tempi non era proprio possibile costruirlo. Volevamo un gioco adatto a tutti, che fosse divertente anche per chi vede, che potesse provare a muoversi senza vedere. Si percepiscono sensazioni diverse perché non si usano gli occhi, ma gli altri sensi. Lo abbiamo realizzato con Unity, e con l'uso di suono binaurale, che permette di sentire i suoni come nella vita quotidiana (la direzione da cui arriva, ad esempio)".
Usare le cuffie è fondamentale per il gioco, pensato per i cellulari e disponibile gratuitamente: "E' un prodotto semplice, deve quindi essere semplice anche il controller e quindi non c'era nulla di meglio dei telefoni. Dal punto di vista artistico è stata una sfida: abbiamo sostituito il feedback visivo con quello sonoro, ed è stato un grosso problema da risolvere". L'ascolto dell'audio-trailer ha permesso al pubblico di entrare nel mondo di A Blind Legend, demo disponibile anche su internet.
La storia è una sorta di fantasy eroico ambientato nel Medio Evo, con poca magia ("Cose strane capitano però di tanto in tanto..."): il personaggio che interpreta il giocatore è un cavaliere che ha perso la vista e che insieme alla figlia parte alla ricerca della moglie, che è stata rapita. "E' un viaggio epico e avventuroso. Stiamo lavorando al prototipo che comprenda tutte le fasi di gioco, stiamo scrivendo gli script per il primo livello, abbiamo prodotto già tutti i suoni e speriamo che sia disponibile e attivo nelle prossime settimane. Il gioco dovrebbe essere pronto per la fine del primo trimestre del 2015 (e sarà disponibile in inglese, francese e spagnolo, inizialmente)".

Elisa Di Lorenzo e Flavio Parenti di Untold Games, studio nato nel 2013 e con due anime, una a Genova e una a Londra, sono intervenuti a View Conference per parlare di videogiochi e narrazione in realtà virtuale, in particolare del loro progetto Loading Human. "La realtà virtuale sta arrivando, finalmente: ora l'hardware è disponibile per tutti, poco tempo fa la nascita di Oculus Rift ha iniziato una rivoluzione vera e propria, non solo nei videogame. Nel frattempo sono cambiate molte cose, sono nati altri device e la stessa Oculus ha fatto passi da gigante grazie all'ingresso dei capitali di Facebook, che l'ha acquistata recentemente per 2 miliardi di dollari". Loading Human è un videogioco di avventura ("Volevamo prendere l'esperienza fatta quando eravamo ragazzi con Monkey Island e portarla nel nostro gioco"), in cui il corpo del giocatore diventa l'interfaccia. Il gioco non supporta la realtà virtuale, è pensato invece per essere giocato direttamente con un device di VR.
L'attore e regista Flavio Parenti, sul palco con una adattissima t-shirt inneggiante a Super Mario Bros, ha poi provato a raccontare la realtà virtuale a chi non l'ha mai provata, spiegando come una delle cose più importanti sia "il senso di presenza, con il casco si è presenti ma in un altro luogo, e il game design non può fare a meno di questo aspetto. Da un anno e mezzo lavoriamo nel settore, e stiamo ancora cercando di capire e scrivere le regole da seguire. I controlli devono essere visibili e coerenti, io stesso sono il controller e non posso dimenticarlo. Il nostro gioco è basato sulla storia, la dimensione emotiva è importantissima, se non si emoziona il videogiocatore non si immedesima e sceglie un'altra esperienza da fare".

Uno degli interventi del pomeriggio ha visto Francesco Profumo, ex-ministro e oggi ceo di IREN, Giuseppina De Santis della Regione Piemonte e Piero Gastaldo di Compagnia di San Paolo confrontarsi sul tema "Economia digitale e industria culturale: come colmare il gap italiano". Insieme a loro sul palco anche Alessandro Jacomini e Francesco Giordana, che ieri a View hanno presentato rispettivamente "Big Hero 6" ed "Hercules", accomunati dall'aver svolto la formazione in Italia ma aver poi lavorato all'estero.
"Noi italiani abbiamo un'organizzazione che è fondamentalmente napoleonica, gestita per silos che comunicano poco o nulla tra loro", ha esordito Profumo. "Il tema della governance dei nostri processi, ma anche delle nostre vite, è uno dei più importanti. Sono saltate due equazioni, quelle dello spazio e del tempo, oggi lavoriamo molto più slegati dal classico 'orario', ma anche dal luogo in cui lo svolgiamo, ma le regole del mercato non si sono ancora abbastanza adeguate. Il mondo è cambiato, la tecnologia oggi è non più solo un mezzo ma anche una prospettiva per l'Europa".
La Regione Piemonte, ha detto Gastaldo, è oggi una "periferia" nel campo dello sviluppo digitale. Ma le politiche da attuare sono molte, come ha spiegato De Santis. "L'innovazione non è un settore produttivo, è una comunità e un modo di fare le cose. Il primo passo che una pubblica amministrazione dovrebbe porsi è come sostenerne lo sviluppo. Dovremmo costruire una società più libera, dove sia possibile provare a fare ma anche sia possibile fallire, senza che ciò sia una tragedia, dobbiamo cercare di non infastidire la gente e semplificarle la vita, aprirsi ai suggerimenti e alle idee che possono venire dalla comunità".
A seguire l'esperienza di Jacomini, che ha lasciato l'Italia da circa vent'anni ormai. "Chiaramente non ho soluzioni di nessuna natura, porto solo la mia esperienza: dopo la laurea a Milano in quella che allora si chiamava Scienze dell'Informazione. Ho capito a un certo punto che i progetti di grande respiro a cui potevo lavorare erano solo a Los Angeles, e ho fatto questo passo, per mia fortuna con successo. Nel '98 sono entrato alla Disney, dove sono ancora. Non avevo conoscenze là, se non qualche relazione personale con alcuni colleghi: un aspetto importante è stato che non dovevo avere titoli o 'patronati' vari, a loro interessava solo ciò che sapevo fare".
Francesco Giordana si è trasferito più di recente all'estero, nel Regno Unito, dopo aver studiato e anche lavorato a Torino. "Non mi piacciono gli italiani che vanno all'estero e denigrano ciò che lasciano indietro", ha detto. "Porto anzi all'estero ciò che mi ha formato in Italia, in cui sono rimasto fino al 2007. Ho lavorato dapprima in Olanda nel campo dei videogame, e dal 2011 sono a Londra per lavorare a Double Negative nel mondo degli effetti speciali per il cinema. L'avventura mi ha spinto ad andare all'estero, ma anche il fatto che non ci fosse un'industria dell'intrattenimento sviluppata per aspirare a un contratto degno".

Ultima parte della seconda giornata di View Conference con alcuni degli ospiti più importanti di tutta la quindicesima edizione. Prima Bill Watral di Pixar, che ha presentato l'anteprima del nuovo cortometraggio "Lava", con un anno di anticipo rispetto alla sua uscita nelle sale. "Vi parlerò dall'inizio alla fine di tutto ciò che riguarda il making of del film Lava, l'idea è venuta al regista Jim McPhee dopo aver fatto un viaggio alle Hawaii, di cui si innamorò. Quando vide un modello dell'atollo, scoprì che esistevano dei vulcani sotterranei, e la cosa lo incuriosì molto: così nacque il progetto, che è basato sul ciclo di vita di un vulcano".
Dai primi storyboard (in cui si chiamava ancora "I Lava U", dalla canzone che è la colonna sonora dell'intero corto, e di cui è stato mostrato un intenso momento della registrazione in studio) allo sviluppo delle idee, elaborando la storia e i personaggi: Watral ha raccontato la genesi dell'intero progetto. "Siamo partiti dal capire chi era Uku, il nostro vulcano protagonista (la 'lei' di turno si chiama Lele)", ha spiegato alla gremitissima sala. "Abbiamo immaginato molti concept diversi, e apportato continue modifiche all'idea iniziale. Lavorare a Lava è stato particolare perché non ci siamo divisi in chi si occupava del paesaggio e chi dei personaggi, ad esempio, perché coincidevano ed è stato necessario interagire!".
Proposto due volte al pubblico - a inizio e fine discussione, per meglio apprezzarne tutti gli aspetti della lavorazione - "Lava" dura 7 minuti ed è stato accolto con entusiasmo ed emozione dalla platea di View Conference, e sarà anche riproposto nel weekend durante il VIEWFest. "Tante le sfide affrontate nella lavorazione, come riuscire a far esprimere i vulcani, muovendo i loro occhi e le loro bocche ma mantenendo intatta la loro immobilità statica".
Le location, lo scorrere del tempo (il ciclo di vita dei vulcani è molto lungo, e le ere geologiche passano sullo schermo in pochi secondi) e anche la resa dell'ambiente finale "Uku+Lele" sono stati gli ultimi aspetti affrontati da Watral a Torino, nel tentativo - riuscito - di mostrare il flusso di lavoro a Pixar anche solo per un breve ma coinvolgente cortometraggio. "La Pixar fa corti per esplorare nuove tecnologie e dare alle persone occasione di provare nuovi lavori e ruoli. Qui anche è stato fatto, con nuovi software e portando avanti quanto già fatto col precedente The Blue Umbrella (presentati a View nel 2013)".

Alvy Ray Smith, co-fondatore di Pixar, è uno dei tre keynote speaker di View, accolto da un vero boato del pubblico: "View è una conferenza davvero sorprendente, si parla molto di ciò che sta accadendo in questo mondo, ma io voglio fare un passo indietro. Dal primo primitivo computer, che si chiamava Baby ed è stato costruito dall'università di Manchester nei primi anni dopo la seconda guerra mondiale, e già quello era basato sui pixel, e quindi poteva a suo modo animare".
"La legge di Moore - per i profani: qualunque cosa buona di un computer ogni 5 anni migliora di 10 volte - è del 1965 (anno in cui io ho fatto la mia prima esperienza di grafica digitale), e il mio excursus nella storia del pixel che farò in quest'ora seguirà blocchi di cinque anni. La curva storica di questo settore ha rispettato perfettamente la linea di sviluppo immaginata da Moore, e questo processo continua ancora oggi".
"Io da bambino avevo imparato a dipingere, poi ho imparato informatica e durante un periodo di riposo forzato per un incidente sugli sci ho capito che dovevo unire quelle due passioni, e una delle mie prime creazioni è stato un programma di digitale, che prima non esistevano, chiamato Super Paint, su cui si basano ancora oggi - con mia sorpresa - i programmi attuali".
Dai suoi inizi con Alexander Schure ("Voleva essere un nuovo Disney, era un tipo davvero folle ma lavorare per lui è stata un'esperienza importante") in poi, Smith ha riepilogato a grandi passi la sua carriera, coincisa spesso con i primi passi della grafica digitale. "Fummo chiamati a lavorare alla Lucasfilm dopo i nostri primi esperimenti tra anni '70 e primi '80, ma George non capì mai bene le nostre potenzialità, lui non conosceva Moore e voleva risultati immediati".
Qualche successo nel cinema, come la realizzazione di una scena per il secondo capitolo della saga di "Star Trek", ha aperto poi le porte a Smith e i suoi soci del mondo del cinema.
"Con John Lasseter sviluppammo un corto molto innovativo per i tempi, "The Adventures of André & Wally B.", che oggi sembra molto grezzo adesso ma è stato il primo 'pezzo' completo realizzato da John: Lucas lo odiava ma l'ho saputo dopo anni!".
Il divorzio di Lucas aprì uno spiraglio per il loro futuro: "Perse metà del suo patrimonio e non ci aveva mai visto di buon'occhio: capimmo che era il momento giusto per prendere l'intera squadra e andarcene per fare qualcosa di nostro. Nacque così la Pixar, grazie ai fondi di un pazzo investitore come Steve Jobs, che più volte ci ha salvati dalla bancarotta immettendo nuovi capitali quando rimanevamo senza".
Il ricordo di Jobs è chiaro e lucido: "Jobs è stato la cassa che ha acquistato Pixar, ma contrariamente a ciò che si dice null'altro è venuto da lui, né il nome né idee per i film né altro, era presente solo per questioni di soldi e trattative, in questo era eccellente".
Pixar è partita, e con "Toy Story" Jobs è diventato miliardario e la Pixar è iniziata a diventare ciò che è ora.

Tim Harrington di ILM ha chiuso la seconda giornata della conferenza parlando di "Tartarughe Ninja". "Sono personaggi che esistono ormai da 30 anni, e hanno avuto la prima grande notorietà con la serie tv animata del 1987. Ne nacque poi un lungo in live action nel 1990, che ebbe un buon successo, ma poi la popolarità calò. Nel 2007 uscì il film "TMNT", e da lì nacque una nuova serie animata dal grande successo commerciale. L'idea di far ripartire il franchise cinematografico, affidato alla regia di Michael Bay nacque poco dopo".
Realizzato con la tecnologia iMoCap, "Tartarughe Ninja" presenta una qualità elevatissima degli effetti visivi, molto apprezzata dalla platea che ha tributato - dopo una lunghissima giornata di emozioni e divertimento - un lungo applauso conclusivo.

15/10/2014, 22:33

Carlo Griseri