La videocamera, attraverso una costante presenza sul campo, documenta l’occupazione di una torre alta più di trenta metri e la vita nel presidio adiacente ad essa. Le interviste degli operai, artefici di questo episodio di resistenza e di protesta, ci svelano la loro cocciuta abnegazione nell’opporsi oltre che alla perdita del posto di lavoro, anche alla soppressione di un servizio universale, come quello dei treni notturni a lunga percorrenza, nati storicamente per collegare l’Italia del sud a quella del nord.
La torre dove alcuni di loro vivono, per mesi, viene ripresa sia dall’esterno che dall’interno. La videocamera, all’improvviso entra negli “abissi” del traliccio occupato, mostrandoci lo spazio claustrofobico e le condizioni di vita disumane in cui gli operai hanno deciso di vivere, per rendere visibile la propria battaglia.
La voce fuori campo descrive, in modo lineare, non soltanto l’importanza di questa protesta, ma anche alcuni passaggi della complicata vertenza che non vedrà mai un tavolo di discussione nazionale, ma sarà risolta a livello regionale. Lo spezzatino contrattuale che ne consegue, caratterizza ormai non soltanto la storia dei lavoratori dei Wagon Lits, ma quella di sempre più aziende, sia private che pubbliche.
La storia inizia dalla fine: Stanislao Focarelli sta facendo i bagagli; è il suo ultimo giorno di occupazione. Dopo quasi sei mesi, si apre la botola, da dove finalmente può uscire,…. ed inizia la narrazione che ripercorre le tappe dell’intera vicenda.
La presenza della videocamera nel presidio descrive situazioni di vita quotidiana, le cene, i pranzi, le notti e l’organizzazione logistica dgli occupanti. Si entra e si esce dal presidio e dalla torre, fuori ora il sole accecante dell’estate, reso rovente dalla presenza della ferrovia, ora la neve che ricopre i binari e rende faticoso ogni gesto quotidiano.
Un’attenzione particolare viene riservata all’aspetto mediatico. Il Binario 21 è meta, per alcuni brevi periodi, di personaggi dello spettacolo e di qualche politico, che si recano a portare la propria solidarietà ai lavoratori licenziati. Questo pone anche l’accento sulle strategie e sulle forme di spettacolarizzazione della protesta, oggi sempre più utilizzate per richiamare l’attenzione dei mezzi di comunicazione.
E’ il montaggio serrato delle sequenze riguardanti l’aspetto mediatico che mischa un po’ le carte in tavola, passando da un documentario socio-politico, descrittivo, quasi classico, ad una sorta di videoclip onirico, per poi rientrare nella narrazione attraverso le incursioni dentro la torre, dove ormai rimane solo Stanislao, che ci confida, attraverso un gioco di campi e controcampi, come se stesse parlando con “l’altro se stesso”, tutta la sua disillusione, per Trenitalia, i poteri forti e anche i sindacati da cui non si sente tutelato e che non hanno fatto abbastanza.
Si finisce con una festa “sberleffo”, come la chiameranno gli operai, il 10 giugno 2012, per il ripristino dei treni notte, battaglia vinta soprattutto grazie al presidio e al “sacrificio” della torre; Si da voce a teatranti e gruppi musicali, una panoramica sulla moltitudine che festeggia, fa da contrappasso alla disperazione per una vittoria dal sapore amaro. Proprio chi ha protestato e si è immolato per combattere questa ingiustizia, rimane fuori, ovvero per il momento non è reintegrato e perde il posto di lavoro.
Una breve clip conclude il documentario, a livello strutturale ricollegandosi all’incipit, dove si vedono due ragazzi prendere il treno notturno Lecce – Milano; i due terminata la vicenda, si recano ai piedi della torre, ormai vuota, e del presidio, ormai disabitato (il 2 agosto la polizia sgombererà il presidio). Sono i testimoni, la possibilità che il documentario ha, di non disperdere la memoria, ma di filmarla, restituendo alla narrazione una dignità, che altri media negano per motivi di palinsesto.
Il Binario 21 e la torre vuota, nella sua disarmante funzionalità, hanno rappresentato durante tutto il periodo della protesta una donchisciottesca lotta del debole contro “l’invisibile” forte. Come archeologi, i due ragazzi cercano tra le “rovine” quello che rimane di una comunità, che per mesi ha difeso il posto di lavoro e il diritto alla mobilità che la nostra costituzione garantisce a tutti i cittadini. Al posto della cucina, sul binario, solo alcuni teli di plastica e una fragile struttura in legno, rimangono le scritte sulle carte appese, all’interno alcuni barboni, che abbiamo deciso di non mostrare.