PHILOMENA, una storia vera


PHILOMENA, una storia vera
Philomena. È la storia vera di una madre alla ricerca del figlio che le è stato portato via contro la sua volontà, narrata nel libro "The Lost Child of Philomena Lee" di Martin Sixsmith nel 2009 e portata allo schermo nel 2012, in modo cronachistico dal regista britannico Stephen Frears (regista di film memorabili quali: Liam, The Queen, Tamara Drew ed altri).

Philomena ha ricevuto il premio per la migliore sceneggiatura alla mostra del cinema di Venezia 2013 e diversi altri riconoscimenti e ha riscosso ampi consensi di pubblico.

Nella cattolica e bigotta Irlanda del 1952 Philomena resta incinta da adolescente. La famiglia la ripudia e la chiude in un convento di suore a Roscrea. La ragazza partorirà un bambino che, dopo pochi anni, le viene sottratto e dato in adozione. La cupa atmosfera iniziale di repressione e condanna incondizionata di chi ha peccato, concependo al di fuori del matrimonio e contro gli insegnamenti della chiesa, richiama alla mente un altro drammatico film sullo stesso argomento: Magdalene (2002), lungometraggio scritto e diretto da Peter Mullan, presentato in anteprima mondiale a Venezia, e premiato con il Leone d'oro. Però, mentre il lungometraggio di Mullan è una denuncia dei trattamenti inumani subiti da ragazze madri nella stessa Irlanda cattolica e nello stesso periodo storico, Philomena invece è la narrazione veritiera della ricerca del figlio da parte di una madre .

"Incontrando la vera Philomena Lee- dice Frears- ero sorpreso dal fatto che volesse venire sul set, cosa che ha fatto il giorno in cui veniva girata la scena terribile della lavanderia. Philomena è una donna magnifica, priva di autocommiserazione, che continua ad avere la fede nonostante le ingiustizie subite". Sta proprio nella chiusura di questa dichiarazione il senso profondo di un film che sa commuovere, far pensare e anche divertire. Il personaggio esemplare di Philomena, donna semplice, spiritosa e perspicace, che per certi aspetti ricorda la Filomena Marturano di Eduardo De Filippo, ha trovato in Judy Dench, un'interprete eccezionale. Nel suo viaggio negli States, dove il figlio dovrebbe trovarsi, in quanto adottato da una coppia statunitense, le fa da guida il giornalista Martin (un formidabile Steve Coogan). I due sono agli antipodi per concezione di vita, Martin non crede in Dio ed ha scarsa fiducia anche negli uomini. Philomena che avrebbe mille ragioni per essere divenuta atea, non lo è. Perché è riuscita, anche nella sofferenza più profonda, a non confondere Dio con coloro che hanno talvolta la pretesa di rappresentarlo. Lei è sempre pronta a capire e perdonare. I rapporti tra questi due personaggi osservati nei diversi momenti del viaggio-ricerca costituiscono la parte più interessante e saporosa del lungometraggio. L'anima del film sta tutta nel confronto psicologico e culturale tra il giornalista e l'anziana donna, riassumibile efficacemente nella formula usata dallo stesso Coogan: “Un confronto tra intelletto e intuito”.

Alla fine, diversi luoghi comuni sulla remissività e semplicità del credente si infrangono sul volto consapevole e saggio di Philomena, colei che sa vedere nel cuore delle cose con intuito, mentre il più cinico e “maturo” Martin si fa condizionare dai pregiudizi e dalle sovrastrutture intellettuali.

20/03/2014, 09:40

Augusto Orsi