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LOCARNO 66 - Pippo Delbono: "Contro la finta moralità"


Affollata e tesa conferenza stampa del film "Sangue" con l'attore-regista e Giovanni Senzani


LOCARNO 66 - Pippo Delbono:
Senzani e Delbono
C'era da aspettarsi un po' di tensione alla conferenza stampa post-visione di "Sangue", film di Pippo Delbono inserito - unico italiano - nel Concorso Internazionale di Locarno 66.

C'era da aspettarselo sia per il modo in cui il film è girato (una sorta di video-diario ripreso con un iPhone e con una piccola videocamera digitale Canon dallo stesso Delbono) sia - soprattutto - per il co-protagonista Giovanni Senzani, diventato amico dell'artista ligure e con un passato "ingombrante" da leader delle Brigate Rosse, incarcerato per circa 25 anni per le sue colpe e da una quindicina tornato in libertà.

Entrambi (insieme all'attore portafortuna di Delbono, Bobò, in questa occasione impegnato solo in un piccolo cameo) si sono presentati alla platea di giornalisti, ma i tempi ristretti del festival - acuiti da qualche minuto di ritardo dei protagonisti - hanno costretto molti presenti a rinunciare alle proprie domande.

"Girare un film con questi piccoli mezzi non è un dogma per me", ha esordito Delbono. "Credo che la necessità del mezzo sia superiore alla sua ideologia. Non avrei mai potuto raccontare la morte di mia madre così da vicino, o le intime confessioni di Giovanni, con un altro mezzo che fosse più invasivo di un telefonino".

Un film piccolo, girato con pochi mezzi ma per cui è stato "fondamentale il lavoro di post-produzione, sia per offrire una buona visione in sala sia, principalmente, per rendere con il mix audio quei rumori e soprattutto quei silenzi della stanza di morte di mia madre, un silenzio tremendo da cui volevo solo fuggire".

Dure e commoventi le immagini della madre morente di Delbono, e del suo cadavere in attesa di essere sigillato in una bara: "In quel momento non è più mia madre, è 'la' madre, diventa poesia e il privato - come si diceva negli anni '70 in una frase che mi piaceva molto - diventa politico. La morte di mia madre è diventata il veicolo per raccontare la storia di Giovanni, così ravvicinata e sovrapposta a quella della morte di sua moglie Anna, che per tanti anni lo aveva atteso".

"Il film è cambiato molto in corso d'opera", spiega Senzani. "All'inizio volevamo fare un viaggio nel mondo visto dai nostri diversissimi sguardi. Doveva nascere un libro, "Smarriti". Andando avanti però ci accorgevamo che parlavamo spesso di morte, e la vita ci ha portato incontro a questa storia".

Pippo Delbono e Giovanni Senzani, un buddhista pacifista e un terrorista. "Da piccolo odiavo le armi, giocavo con le bambole", specifica il regista. "In questo film l'aspetto importante è il confronto con la morte, non con le morti singole. Quella di mia madre, di sua moglie, di un'ideologia, di una città (L'Aquila). L'arte tutta è da sempre un continuo raffrontarsi con la morte".

"L'Italia - ha proseguito - ha una paura enorme di raccontare la verità, vive nella menzogna. Quando vedo i tanti migranti che muoiono in mare e per cui nessuno è responsabile, o le stragi senza colpevoli, quando vedo che nessuno paga mi incazzo se al nome di Giovanni Senzani scatta la finta moralità. Contro tutto questo mi scaglio".

13/08/2013, 12:42

Carlo Griseri