MANUALE DI REGIA CINEMATOGRAFICA Mix di storia e pratica


Il volume scritto da Guido Chiesa per Utet, fornisce un'introduzione alla professione di regista senza essere troppo "accademico", rivolgendosi a studenti e appassionati.


MANUALE DI REGIA CINEMATOGRAFICA Mix di storia e pratica
Presentato in occasione del "Festival Internazionale del Film di Roma", arriva nelle librerie "Manuale di regia cinematografica", scritto dal regista Guido Chiesa per la collana di cinema della casa editrice Utet.
All'incontro, assieme all'autore, sono intervenuti Mario Sesti, direttore artistico della sezione Extra del festival romano, Marta Cagnola, giornalista di Radio24, e Boris Sollazzo, critico cinematografico.

C'è una cosa in particolare, a detta di Sesti, che rende il libro una novità nel genere: "Non è comune che un regista si metta di fronte al proprio lavoro con l'atteggiamento di chi vuol capire di cosa si tratti, pur facendolo già di mestiere. Guido lo ha fatto con grande curiosità e si è servito della lezione di una selezione di grandi maestri per firmare un volume molto approfondito sul passato e molto aggiornato sul piano tecnico. Se è ancora vero che quello del regista è uno dei mestieri più appetiti al mondo, per chi vuole muovere i primi passi può diventare un riferimento insostituibile".

Per Marta Cagnola, Chiesa ha quasi avuto pudore nel riportare sulle pagine le esperienze personali fatte negli anni e ha scelto di non mettersi mai in cattedra e di non offrire regole univoche, dato confermato dall'autore: "nel libro ho voluto mettere in chiaro che non esistono regole assolute per la regia, ma tutto dipende dai diversi paradigmi. Oggi, ad esempio, lo scavalcamento di campo è stato superato e film come "21 grammi" o "Inception" sono capiti dal pubblico senza problemi."

Secondo Sollazzo, l'idea geniale è quella di aver fatto dialogare teoria e prassi e aver reso il tutto accessibile ad un pubblico vasto ed eterogeneo. Chiesa rievoca il dibattito che negli anni '70 metteva di fronte gli studiosi di cinema con gli addetti ai lavori, incontri/scontri di gente come Antonioni e Aristarco, dai quali veniva fuori del materiale importante e che oggi è completamente scomparso: "mi sono accorto che più i registi sono anziani, più hanno da raccontare e che al contrario i grandi di oggi non hanno niente da dire sul loro lavoro. E' questo anche per colpa del mancato "incontro" tra i registi e i critici"

Poi, a termine incontro, Chiesa si lascia scappare una confessione personale: "se a diciotto anni avessi saputo realmente che cosa significa fare il regista, avere a che fare con componenti di natura finanziaria ed economica, distanti da quelle puramente artistiche, non lo avrei assolutamente scelto come mestiere."

30/10/2011, 22:15

Antonio Capellupo