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Il viaggio da clandestino,"harraga", di Ilyess
nel documentario di Giulia Bondi


Intervista esclusiva alla regista di "Harraguantanamo" in concorso al primo festival italiano online del cinema documentario, visibile su www.viaemiliadocfest.tv.


Il viaggio da clandestino,
"Harraguantanamo": un racconto fotografico ‘narrato in prima persona’ del viaggio a Lampedusa e della detenzione al campo di Kinisia, in 70 immagini scattate dal trenetenne tunisino, Ilyess, e montate dalla giornalista e videomaker modenese Giulia Bondi. Ilyess documenta attraverso 70 fotografie scattate col cellulare tra il 28 marzo e il 17 aprile 2011 il suo viaggio da ‘harraga’ – clandestino – dalla traversata a Lampedusa, tra emergenza e accoglienza, fino alla tendopoli di Trapani una sorta di “Guantanamo” dove ha vissuto per 13 giorni. Presentato in anteprima proprio sul web sul sito della rivista Internazionale, "Harraguantanamo" prosegue la sua navigazione sul portale www.viaemiliadocfest.tv, in concorso alla seconda edizione del primo festival online di cinema documentario.

Il mondo del web, la multimedialità e le nuove tecnologie influiscono sul tuo modo di creare film? E se sì, come?
Giulia Bondi: Certamente influiscono, dal modo in cui si prendono i contatti e nascono le idee fino agli strumenti che si possono utilizzare. Però bisogna sempre avere qualcosa da dire, avere una storia.

Credi che il web possa essere decisivo nella diffusione del cinema documentario?  
Giulia Bondi: Harraguantanamo ha avuto la sua prima pubblicazione proprio sul web, sul sito della rivista Internazionale. E' un video breve, composto da immagini scattate con il telefono cellulare, che quindi per sua stessa natura forse si presta meglio ad essere visto e diffuso in rete che non, per esempio, in sala. Anche altri tipi di documentari comunque trovano attraverso internet un pubblico che diversamente faticherebbero a raggiungere, per la difficoltà di arrivare alle sale al di fuori di eventi, rassegne, eccetera. 
 
Perché hai scelto di raccontare questa storia attraverso il documentario?
Giulia Bondi: Il lavoro è nato dall'incontro con Ilyess Ben Chouikha, all'inizio di aprile 2011. Io mi trovo a Lampedusa per un reportage (che inizialmente avrebbe dovuto essere soltanto scritto e fotografico). Ilyess è arrivato da pochi giorni come harraga. Da Anna, un'infermiera di Lampedusa in pensione, ha avuto in prestito un numero di cellulare italiano con il quale saremo in grado di comunicare nei giorni successivi. Rivedo Ilyess 24 ore dopo il nostro primo incontro a Cala Pisana, dove partono le navi che portano i ragazzi nelle tendopoli sul continente. Lo intravedo di nuovo, ma non riesco a parlargli, dopo altre 48 ore, dietro le inferriate della tendopoli di Trapani, quella che lui chiama “la sua Guantanamo”. Nei suoi 13 giorni nella tendopoli, Ilyess scatta fotografie e mi manda aggiornamenti quotidiani via sms, rivelandosi una fonte attendibile: una rivolta con tentata fuga raccontata da Ilyess, e inizialmente negata dalle forze dell’ordine, viene in seguito confermata dagli operatori della cooperativa che gestisce il campo e infine, di fronte all’evidenza, ammessa anche dalle fonti ufficiali della Polizia.  Finalmente, il 17 aprile, i permessi temporanei sono pronti e Ilyess raggiunge prima Messina, poi Roma e infine Modena, dove lo ospiterò una sera prima che riparta per Parigi. Nella sua tappa modenese, Ilyess mi lascia le fotografie scattate con il cellulare che poi, intervallate dai suoi stessi messaggi, saranno montate in Harraguantanamo.

Quali sono state le reazioni del pubblico italiano alla vista delle immagini della tendopoli di Trapani?
Giulia Bondi: Ci sono anche fotografi professionisti che sono riusciti a entrare e scattare immagini della vita in tendopoli. La particolarità del lavoro di Ilyess è che in questo caso si tratta di un'autonarrazione e credo sia stata questa la sua forza nei confronti del pubblico. Il video è stato condiviso più volte sulla rete subito dopo la sua diffusione, a maggio. Le reazioni più comuni delle persone che hanno visto Harraguantanamo in rete o nelle proiezioni pubbliche sono legate all'immedesimazione. Vedere le immagini scattate da un giovane di 30 anni e leggere i suoi messaggi che raccontano con semplicità, in un francese esitante, la vita in tendopoli, porta a riconoscersi in Ilyess e a capire, attraverso il suo corpo e il suo sguardo, quanta strada ci sia ancora da fare per i diritti dei migranti e la libertà di viaggiare.
 
Tre cose per invogliare il pubblico a guardare il tuo doc e votarlo
Giulia Bondi: Dura cinque minuti. E' narrato in prima persona dal suo protagonista. Mostra in modo semplice ma spietato quanta differenza fa nascere da un lato o dall'altro del Mediterraneo.

21/10/2011, 14:15