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Intervista al Produttore GIANLUCA CURTI


Per il produttore di Minerva il vero ostacolo per il cinema italiano è distributivo e di accesso alle sale. Ma anche la produzione italiana non riesce a tornare un sistema industriale, malgrado i finanziamenti per i film siano meno difficili da trovare di qualche tempo fa. Al lavoro con "Workers" una commedia per riflettere sul mondo dei lavoratori precari.


Intervista al Produttore GIANLUCA CURTI
Gianluca Curti
Gianluca Curti non si ferma. Con la sua Minerva è uno dei produttori italiani più attivi, sempre a caccia di nuovi talenti per il cinema e con le idee chiarissime da vero professionista del settore. Lo abbiamo incontrato a Roma. partiamo con i macro argomenti.

Qual è la situazione del nostro cinema?

"Il cinema italiano è in una situazione di clamoroso chiaroscuro. Si potrebbe fare molto anche grazie a tanti colleghi bravi, coraggiosi e capaci. Si è coperto un gap clamoroso apertosi negli ultimi 15 anni con il pubblico italiano è tornato ad apprezzare il cinema prodotto da italiani con registi e attori italiani. Non solo quei tre, quattro film evento o di natale, ma quindici, venti film italiani che vengono visti durante l'anno; e questo è fondamentale per noi. Siamo tornati a far vedere l'Italia e a raccontare storie italiane, anche alle nuove generazioni".

E questo è il chiaro. E lo scuro?

"Tutto questo non fa un sistema industriale compiuto. E' ancora molto faticoso fare cinema perché il sistema distributivo è insufficiente, perché l'esercizio è insufficiente, perché anche nell'esercizio si stanno formando dei potentati che decidono e fanno il bello e il cattivo tempo, con due gruppi che hanno circa il 55% del mercato. Il produttore e il distributore indipendente ha grosse difficoltà ad accedere in maniera democratica al mercato".

Dunque si parla sempre di distribuzione, è lì lo scalino più alto?

"Sì, perché per assurdo i finanziamento alla produzione si riescono a trovare; tra tax credit e tax shelter sono una realtà, c'è comunque il Mibac che ha ripreso a finanziare qualche cosa, Raicinema che fa un ottimo lavoro, Medusa che a modo suo c'è, e i finanziamenti si riescono a mettere insieme".

Le tv furono accusate di aver ucciso il cinema, ora lo aiutano?

"Abbastanza, ma il problema è che le televisioni in chiaro non trasmettono cinema italiano, e cosa porterà questo, porterà a far sì che si potrà sperimentare sempre di meno e creare nuovi generi, perché si usa sempre e con difficoltà lo stesso macro filone; su Raiuno o Canale 5 figurati se passa un film che non è una commedia... E poi Raicinema continua ad investire ma l'azionista Rai ad un certo momento dirà, scusa io ti do dei soldi ma tu produci dei film che non posso trasmettere: perché ti devo dare i soldi? Questo è il gioco perverso delle tv. malgrado non sia dimostrato che un film buono, ben programmato e ben posizionato non faccia ascolto. E' che c'è qualcuno che ha interesse a far sì che questo non accada".

Sistema industriale, ma il cinema italiano è mai stato un'industria?

"Per circa 10 anni siamo stati assistiti dal sistema statale che ci ha fatto del bene ma ha creato anche danni, perché ha consentito a troppi improvvisati, non a imprenditori ma a prenditori, di fare questo mestiere e creare casini inenarrabili. Comunque con la legge Urbani, rivista da Veltroni lo Stato è rimasto molto presente. E poi nel 2001 con la nascita di Raicinema -che è stata quella che ha portato il cinema italiano dalle 30 copie alle 300 copie, poi si è adeguata anche Medusa- comunque c'è stata un'espansione. Prima siamo agli anni '90 in cui il cinema italiano era tecnicamente morto, con il collasso dell'artigianato italiano e prima negli anni 70 - 80 l'avvento delle tv quando il cinema era forte in quanto cinema e basta, 35 mm in sala. Poi nel 2000 è intervenuto il pubblico e grazie anche a degli imprenditori intelligenti, eccoci qua. Se vuoi la fase industriale non c'è mai stata, solo che prima la fase artigianale si auto alimentava, dai 50 agli 80, nei 90 coma profondo, nei 2000 si inizia la ripresa con i finanziamenti pubblici, oggi c'è il problema: che faremo da grandi?".

In che senso?

"Venti film l'anno importanti che comunque il pubblico va a vedere non formano un contesto industriale; dovrebbero esserci 150 film l'anno di cui almeno 30,40 di successo, allora si ricreerebbe il tessuto artigianale/industriale. Dove non solamente 3 grandi aziende hanno accesso agli spettatori e poi indipendenti che lavorano con una o con l'altra grande distribuzione, altrimenti vanno a casa (Fandango, Cattleya, l'ottimo Nicola Giuliano) e qualche indipendente che fa un exploit, ma questo non fa tessuto industriale.
All'ultimo "american film market" lo scorso novembre a Los Angeles c'erano 35 aziende francesi di produzione, con l'ufficio, dipendenti e tutto; italiane, zero!"

Altri paesi in Europa si muovono meglio, ad esempio per i contributi del Programma Media UE.


"Da una parte forse non abbiamo un'adeguata rappresentanza a Bruxelles, nel senso che francesi e tedeschi sono delle macchine da guerra, hanno una persona lì che batte i pugni sul tavolo finché non passano i loro progetti. Occorre che il rappresentante italiano dei Media lì, lavori e batta i pugni sul tavolo a Bruxelles, so che la nostra rappresentante è un'ottima persona, ma mi pare che viva a Dubai..."

Torniamo alla distribuzione. Stanno nascendo molte iniziative per avviare veicoli alternativi. Che ne pensa?


"Alle difficoltà distributive potrebbe essere una soluzione quella delle nuove tecnologie sul web. Gli esercenti si arrabbieranno ma è così, quello è il futuro. La proiezione in digitale decolla, ma quando crescerà la banda larga, l'alta definizione via web, il via cavo o wireless per il video on demand avremo la possibilità di un'uscita parallela a quella delle sale".

Come si sta muovendo Gianluca Curti?

"Anche noi di Minerva ci stiamo attrezzando seriamente. credo che ci sarà un mega portalone all'interno del quale ognuno avrà il proprio canale. Non so quando questa alternativa del web sarà in grado, in termini di fatturato, di essere competitiva con i fatturati che si sono persi e che si stanno perdendo, però è lì che andrà una gran fetta del futuro anche se in italia ci sono dei problemi di connettività, con il governo che non investe sulla connettività veloce".

Veniamo agli impegni di Minerva oggi: dopo Tatanka cosa avete in lavorazione.

"Abbiamo "Workers" che stiamo girando a Torino, per la regia di Lorenzo Vignolo, un film che dal girato che ho visto sembra molto divertente".

Divertente significa commedia?

"Sì e no. E' una commedia ma che fa riflettere. Si ride amaro come nei grandi film italiani degli anni 60, dei Monicelli, dei Germi, ma anche alcune cose con Sordi e Gassmann".

Chi c'è nel film?

"Il film ruota attorno a un'agenzia di lavoro interinale gestita dalla coppia comica Bianchi e Pulci (Michelangelo Pulci e Alessandro Bianchi). Lì arrivano tanti personaggi in cerca di lavoro. C'è Nicole Grimaudo, Dario Bandiera, Nino Frassica, Paolo Briguglia e Francesco Pannofino e tanti altri molto bravi".

Altre produzioni?

"Abbiamo finito "La-bas", di Guido Lombardi che parla dei sopravvissuti alla strage di 6 lavoratori extra comunitari avvenuta nel 2008 a Castel Volturno".

Dopo Tatanka si torna a Napoli e provincia?

"Con piacere. Con alcuni colleghi napoletani, c'è l'idea di fare un film tra le sceneggiate napoletane di Mario Merola e gli action/noire di Hong Kong alla Johnny To. Fai un frullato e viene fuori un film alla To, partenopeo. Ho un paio di giovani registi molto in gamba con i quali sto lavorando. Vedremo".

06/07/2011, 15:53

Stefano Amadio