Fondazione Fare Cinema
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"Le Quattro Volte": il ciclo della vita tra materia e spirito


Il ciclo della vita è semplice come la vita rurale di un paese della Calabria. Un vecchio pastore porta le sue capre al pascolo, le munge e tiene a bada la sua brutta tosse con un rimedio che scopriamo attaccato a credenze popolari ancestrali. Un pizzico di povere spazzata dal suolo sacro della chiesa, ogni sera disciolto in un bicchier d'acqua.

"Le Quattro Volte", il film di Michelangelo Frammartino, arriva al Viaemili@docfest dopo un giro vorticoso di festival e riconoscimenti che anche a Reggio Emilia arrivano senza alcun dubbio.
Il film cammina attraverso la vita umana, animale, vegetale e minerale; la fine non esiste e tutto continua a essere, diventando materia ma anche anima. Muore il pastore, nasce una capretta; l'anima è lì, si percepisce nelle ancestrali abitudini dell'uomo e nella breve e triste avventura dell'animale. Poi c'è l'albero, ai piedi del quale la capra muore, e quindi torna l'uomo che irrompe di nuovo nel ciclo riportando il grosso abete a essere cenere dopo un uso tutt'altro che naturale.
Il silenzio, ne "Le Quattro Volte", racconta più delle parole e gli attori, umani e animali, riescono a dire quello che c'è da dire, raccontando attraverso la sola propria natura la giusta quantità di racconto.

Il successo del film è del tutto meritato e Frammartino appare ispirato come pochi autori italiani sanno essere; si assume un rischio impensabile per il nostro cinema, ma le conseguenze delle sue scelte sono assolutamente positive e meritano di essere ripetute o quanto meno prese ad esempio da chi ha voglia di cominciare a fare cinema.

16/10/2010, 11:40

Stefano Amadio