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Note di regia del documentario "Rimini Lampedusa Italia"


Note di regia del documentario
Raccontare la vita della comunità dei pescatori di Lampedusa a Rimini significa raccontare un sovrapporsi invisibile di realtà, scoprire linguaggi, abitudini e storie mai rivelate prima. Significa scavare in territori inediti con la consapevolezza di un’appartenenza perduta e ritrovata, accostare e stanare nuove iconografie: con uno sguardo contaminato e trasversale, quasi quanto una provincia-metropoli che si estende senza soluzione di continuità per chilometri e chilometri di bazar, pub, pizzerie e dove chi guarda non si stupisce mai. La narrazione si insinua in una rete labirintica, dove gli sguardi rimandano a un incessante rimodellamento delle trame identitarie. Raccontare questa condizione è stare in equilibrio tra la perdita e la riconquista di molteplici appartenenze, a volte naturali, altre scheggiate e randagie. E’ fare i conti con la storia, nella continua ridefinizione antropologica di cui l’Italia è stato grande laboratorio e il cinema estremo testimone del XX secolo. Molteplici, quindi, sono gli intenti di Rimini Lampedusa Italia. Per una città come Rimini, comprendere la relazione con quella “zona d’ombra” costituita dalla gente del porto e da una attività come la pesca. Poi, per gli immaginari nazionali, osservare come le forme modernissime di una realtà nota per il “tempo del non lavoro” convivano con attività “antiche”, legate al sudore del corpo e al rapporto, a volte drammatico, con gli elementi naturali. Infine, in un orizzonte interculturale, indagare un processo di integrazione ancora in corso, metafora di altri, ben più ardui, percorsi nel rapporto tra culture “ricche e dominanti” e fenomeni migratori.

Marco Bertozzi