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Intervista al regista Emanuele Barresi


Intervista al regista Emanuele Barresi
Il regista Emanuele Barresi
Con “Non c’č piů Niente da Fare” ha scelto di far ridere senza utilizzare per forza la volgaritŕ gratuita. Anche sul set pare che questo sia stato un “dictat”, ma quanto č stato difficile avendo a che fare con attori livornesi che la risata “volgare” ce l’hanno nel dna?
Emanuele Barresi: E’ stata dura, visto che lascio molto spazio all’improvvisazione prima di dare lo stop. In alcuni casi ho dovuto tagliare, ma devo dire che si sono comportati bene.

Ha definito il teatro il suo “pane quotidiano” senza il quale non potrebbe vivere. Come riesce oggi ad avere un significato altro e alto?
Emanuele Barresi: Secondo me si, perché č una forma di espressione poco controllata. Nasce e vive nel territorio senza bisogno di grandi finanziamenti e a volte basta solo l’iniziativa di qualcuno. E’ un buon modo per far circolare le idee e per me va bene anche quando č lo sfogo di una semplice passione.

Per lei forse si puň parlare di seconda opera prima, perché nel ’94 aveva partecipato fortemente a “La Bella Vita”, opera prima dell’amico Paolo Virzě. Cosa ricorda di quell’esperienza?
Emanuele Barresi: Con Paolo abbiamo collaborato da sempre, che fosse per il teatro o per il video. In quell’occasione feci da attore, ma ci lavorai molto e cercai di dare il mio contributo. E’ un amico fin dai tempi della scuola e ancora oggi ci scambiamo continuamente delle idee, perché Paolo dal punto di vista professionale č un vulcano.

Ha lavorato per la tv, il teatro, il cinema, č stato attore, regista e sceneggiatore, ma quello che piů incuriosisce nel suo curriculum č l’aver realizzato dei radiodrammi Oggi, in un mondo fatto di immagini, ancora possibile emozionarsi solo attraverso l’audio?
Emanuele Barresi: A metŕ degli anni ’90 la “Rai” di Firenze era una struttura molto grande e produceva molti radiodrammi. Oggi purtroppo questa tradizione sta scomparendo, ma la radio continua ad essere un importante veicolo, grazie anche a fenomeni come Fiorello. E’ curioso perň ricordare come ci si attrezzava per riprodurre i rumori e come si riusciva a far vivere emozioni, come la paura, solo attraverso il suono. E poi la parola riesce sempre ad avere un senso evocativo magnifico.

23/07/2008, 18:38

Antonio Capellupo