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Intervista al regista Simone Cangelosi sul
documentario "Dalla Testa ai Piedi"


Abbiamo intervistato il regista Simone Cangelosi, autore del documentrio "Dalla Testa ai Piedi", che narra la storia della sua "transizione" da donna a uomo.


Intervista al regista Simone Cangelosi sul documentario
Come è nata l'idea per la realizzazione del "suo" documentario "Dalla Testa ai Piedi"?
Simone Cangelosi: L'idea del documentario è nata nel momento stesso in cui ho deciso di affrontare il mio problema di identità. Il film è andato di pari passo alla mia vicenda personale.

Come è stato rivedere la sua esperienza di vita nel montaggio finale del film?
Simone Cangelosi: E' complesso: io ho visto, rivisto costantemente quello che mi accadeva mentre mi accadeva proprio grazie alle riprese del film, per quasi 8 anni. La chiamerei una sorta di lenta metabolizzazione della mia vicenda personale. Certo il montaggio finale mi ha procurato altre emozioni che sino a lì non avevo provato tra cui un forte senso di soddisfazione per esser riuscito a portare a termine un progetto cinematografico così difficile.

Quanto materiale ha girato e cosa ha privilegiato nel montaggio finale?
Simone Cangelosi: Ho girato 100 ore dal 2000/2001 sino al 2005. Nella fase di montaggio che ho cominciato nell'autunno 2005 e che ha dato vita al film nella sua versione definitiva non mi sono concentrato su quello che avevo girato sin lì ma ho scritto una storia, decidendo che in quella storia non dovessi parlare solo di me ma anche dei miei genitori e dell'ambiente umano e sociale che avevo intorno, partendo dall'inizio, dagli anni '60: quello è stato il filo conduttore che ha dettato la scelta delle immagini: su quella storia raccontata dalla voce fuori campo ho per così dire "incastonato" le parti che avevo già e quando non avevo niente che raccontasse quegli anni sono andato a cercare i materiali d'archivio, le fotografie, le cose di cui si compone il film a livello visivo. In altri casi ho girato ex novo immagini in Super8. Di quelle 100 ore è rimasto pochissimo.

Nel documentario vi sono molte immagini d'epoca. Come le ha scelte e dove le ha rintracciate?
Simone Cangelosi: Come dicevo le ho scelte per raccontare l'epoca storica in cui il protagonista si muove. Le immagini le ho recuperate al Centro di Documentazione dell'Arcigay di Bologna, al Centro di Documentazione del MIT oppure attraverso alcune amiche che in quegli anni avevano girato video o Super8, su libri fotografici, tra i Super8 girati nella mia famiglia da mio padre, mia madre mia sorella e me.

In "Dalla Testa ai Piedi" vi sono diverse parti senza dialoghi e senza sonoro. Tutto il suo lavoro privilegia la parte video a quella "parlata". Come mai questa scelta?
Simone Cangelosi: Il cinema è immagine in movimento e quindi deve prima di tutto saper raccontare attraverso le immagini. Questo è il mio obiettivo come regista.

Ci può parlare di Marcella Di Folco, figura chiave sia per la sua trasformazione che per tutto il movimento transessuale italiano?
Simone Cangelosi: Di Marcella Di Folco ci sono un sacco di cose da dire. E' una figura importante del panorama politico italiano e certo il mio legame con lei non è solo e semplicemente politico. La cosa che mi affascina più di lei è che è come se avesse vissuto due volte: facendo politica negli ultimi venti e passa anni e prima, vivendo a Roma, al centro della cultura degli anni'60 partendo dal Piper sino a recitare con i giganti del cinema italiano.

Cosa è stato il "Movimento Lesbico Separatista", citato nel documentario? Come è nato e come si è sviluppato?
Simone Cangelosi: Nel film parlo di un gruppo lesbico separatista, di cui ho fatto parte molti anni fa. Il "Movimento Lesbico Separatista" è una cosa molto più ampia e che non inizia negli anni'90. Ma per questo bisogna rivolgersi alla storia del movimento femminista.

Ci può parlare del suo rapporto con il mondo del cinema, anche alla luce delle sue esperienze al DAMS e come restauratore di pellicole?
Simone Cangelosi: Vedo il cinema come uno straordinario artigianato, spero di andare avanti e imparare ancora.

Come verrà distribuito il documentario e come crede si possa migliorare la distribuzione delle pellicole italiane in sala?
Simone Cangelosi: Il film è distribuito dalla Vitagraph. Per adesso è andato in diversi festival. In Emilia Romagna è stato inserito in una rosa di documentari prodotti sul territorio con una distribuzione in sala, per gli esercenti interessati (Doc in Tour). Questo però solo in Emilia Romagna perchè la Regione sta cercando di fare politiche di sostegno a un tipo di cinema che di solito ha un raro accesso alle sale. Come migliorare la distribuzione delle pellicole italiane in sala? Fatico a dare una soluzione, sicuramante così non va. Quello fatto dall Regione Emilia Romagna può esser preso ad esempio.

Cosa ne pensa del panorama cinematografico italiano attuale?
Simone Cangelosi: Per molti anni la qualità del cinema italiano è stata desolante. Molti stereotipi nei personaggi e nelle storie, poca o nessuna reale capacità di raccontare. Qua è là nell'ultima decina d'anni, per merito di casi individuali, si è visto un cinema diverso, migliore. Mi viene da dire che bisogna ricominciare a raccontare quello che sta fuori dalle case, le città,il paese. Il cinema è lo specchio di un paese e serve da specchio al paese.

10/04/2008, 18:40

Simone Pinchiorri