Un Giorno all'Improvviso
Quando ho deciso di realizzare “Un giorno all’improvviso” volevo una storia priva di compromessi, radicale, estrema. Raccontare il tema dell’abbandono dell’adolescenza attraverso una storia d’amore tra un figlio e una madre mi ha permesso di rendere tutto più concreto, visibile, tangibile. La scelta ardua è stata quella di abolire ogni possibile punto di vista diverso da quello del protagonista, Antonio. Attraverso la messa in scena e la scelta fotografica ho voluto estremizzare questo concetto lasciando i personaggi sempre in risalto rispetto all’ambiente che li circonda. Antonio e noi di conseguenza, viviamo e crediamo a tutto quello che accade e accettiamo tutto quello che gli (ci) succede, dimenticando quasi ogni volta che da soli è dura farcela senza prendere delle sonore batoste. Perché un giorno, all’improvviso, la vita ti si rovescia contro.
I film che hanno ispirato la scrittura della sceneggiatura (e che saranno un punto di riferimento per la regia del film) sono principalmente: Sweet Sixteen (2002, K. Loach), dove il sedicenne Liam sogna una famiglia unita e una vita dignitosa. Volti veri, netti e un costante viaggio nell’universo del protagonista; La Schivata (2003, A. Kechiche), che sullo sfondo di una banlieue parigina mostra la difficile storia d’amore tra due adolescenti. Recitazione spontanea e ambientazione di periferia, oltre che un utilizzo eccelso della camera coinvolta; L’Enfant (2009, J.P & L. Dardenne), dove Bruno e Sonia, giovanissimi, devono gestire un bambino appena nato. Supremo nelle ambientazioni, tanto crudele quanto realistico; Guida per riconoscere i tuoi santi (2007, D. Montiel), opera prima di Dito Montiel alle prese con i drammatici eventi autobiografici dell’estate del 1986. Grazie anche a un linguaggio visivo pieno di sporcature e a un utilizzo filologico dei dialetti, il racconto ci arriva carico di poesia e dolore.
Ciro D’Emilio