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VENEZIA 73 - La sfida al "Monte" di Andrea Sartoretti


L'attore italiano è l'assoluto protagonista del film dell'iraniano Amir Naderi, presentato al Lido fuori Concorso.


VENEZIA 73 - La sfida al
Dopo aver dato vita a personaggi di culto in serie tv come “Boris” e “Romanzo Criminale”, e aver sperimentato la commedia, il dramma e l'azione, Andrea Sartoretti è stato scelto dall'autore iraniano Amir Naderi per il ruolo da protagonista in "Monte". Una grande prova da attore guidata dalla sapiente mano di un maestro del cinema, che lo vede nei panni di Agostino, uomo deciso ad intraprendere una sfida gigantesca, abbattere una montagna che sta portando morte e carestia sulla sua casa. Sartoretti ha raccontato a Cinemaitaliano il lavoro che sta dietro alla preparazione del personaggio.

Come definiresti la missione che Agostino sceglie di intraprendere?

"Ciò che Amir ha messo in scena è la storia di un vero e proprio miracolo laico. Agostino rinuncia a Dio e a qualsiasi altra forma di credo, distrugge l'amuleto e non crede alla magia. È un uomo che si scaglia con tutte le proprie forze contro il destino, mosso da un'ossessione che alla lunga lo porta a coronare una sfida che agli inizi pareva impossibile. Quella di Amir è una favola ricca di verità".

“Monte” si muove attorno al concetto di sfida. Quali sono state le più importanti con cui avete avuto a che fare?

"Le sfide in questo film sono state molteplici. Prima di tutto quella climatica, perché ad inizio settembre, a 3500 metri di altezza, una mattina ci siamo ritrovati coperti da trenta centimetri di neve. Ci aspettavamo quelle condizioni ad ottobre e non in quel momento, così abbiamo dovuto rivoluzionare i nostri piani, anticipando le scene degli interni previste per le ultime settimane di lavorazione. E poi c'era quella messa in scena, quella di un individuo che decide di abbattere una montagna. Mi piace l'idea che un uomo può essere considerato tale solo se messo dinnanzi ad una sfida.

Quale è stato l'approccio sul set da parte di Naderi nei tuoi confronti?

"Abbiamo trascorso intere giornate sui monti, e mi ha raccontato le sue innumerevoli storie, tutte piene di vita. E' come un animale dotato di gigantesca umanità. Non voleva che mi distraessi, così mi ha chiesto di non stringere amicizie sul set e di non preoccuparmi di nessun aspetto della produzione. Quando avevo bisogno di confrontarmi con lui, mi accompagnava lontano e parlavamo da soli, perché secondo Amir se dici una cosa a voce alta rompi la magia della scena".

La sfida dell'uomo contro la sua personale montagna è qualcosa senza tempo, ma Naderi ha scelto di ambientarla nel Medioevo. Cosa lo ha spinto in quella direzione e cosa ti ha affascinato di quell'idea?

"Ha fatto quella scelta perché come lui stesso ha ammesso, quel periodo era “to be or not to be”, o tutto bianco o tutto nero e in cui la morte era sempre di casa. Era il palco perfetto in cui ambientare una storia del genere, mentre oggi al massimo i grandi problemi quotidiani sembrano essere il parcheggio per strada o trovare un caricabatterie per il cellulare scarico. Partendo da un grande lavoro di ricerca ha costruito un suo medioevo, senza mai fare qualcosa pensando ai gusti di un eventuale pubblico. A proposito di sfide, il film lo è anche per il pubblico, costretto a seguire quasi in apnea il gesto continuo e ripetuto di quest'uomo, ma che nel momento del crollo della montagna e l'arrivo della luce del sole torna a respirare in modo liberatorio ed emozionato".

06/09/2016, 17:32

Antonio Capellupo