TFF43 - IL PROTAGONISTA di Fabrizio Benvenuto
Con
Il protagonista,
Fabrizio Benvenuto firma un esordio che non teme l’ambizione, anzi la assume come punto di partenza per interrogare l’immagine, il desiderio e quella generazione sospesa che vive nel cortocircuito tra ciò che vorrebbe essere e ciò che il mondo pretende da lei. È un film che sembra nascere direttamente dallo sguardo: da come lo si subisce, da come lo si restituisce, da come lo si tradisce. Un dispositivo che non cerca la chiusura, ma la frizione continua. La trama segue il percorso di Giancarlo, aspirante attore che, inseguendo un provino dopo l’altro, scivola lentamente in una spirale di auto-messa in scena da cui fatica a distinguere la vita reale.
Il giovane uomo, interpretato da un sorprendente
Pierluigi Gigante, è un personaggio che vibra d’incertezza, abitato da un’irrequietezza quasi epidermica. L’artista che sente la pressione della prestazione, del risultato, della funzionalità, ma che al tempo stesso non riesce a rinunciare alla fragilità del sogno. Nel suo oscillare tra impulso e riflessione, tra desiderio e paura, si condensa la promessa mancata: sapere dove andare, senza avere gli strumenti per farlo.
Il regista sceglie di fare della macchina da presa una presenza inquieta, quasi un organismo autonomo. A volte osserva da lontano, gelida, come se volesse misurare la distanza tra il personaggio e il mondo che lo circonda. Altre volte viene direttamente interpellata: Giancarlo le chiede di avvicinarsi, di arretrare, convinto che l’esistenza sia sempre e comunque performance, una scena da amministrare, un’emozione da accendere a comando. Sono momenti che rivelano un’immaturità profonda, un’identità ancora irrisolta che passa anche attraverso una sessualità incerta, mai pienamente dichiarata. Ed è proprio in questa dialettica tra controllo e smarrimento che affiorano, a tratti, echi del cinema lynchiano: brevi scarti dell’immagine, piccoli slittamenti del reale, improvvisi sussurri di un inconscio che si apre come una crepa.
Il movimento più interessante avviene quando la distanza implode e lo sguardo si fonde con quello del protagonista. Lì emerge la vera intenzione del film: restituire il caos interno di chi cerca di definirsi mentre tutto intorno lo trascina verso direzioni del tutto impreviste. In questi momenti, Il protagonista non racconta più una storia, ma un’esperienza: la vertigine di essere osservati mentre si tenta disperatamente di capirsi — un vortice che, ancora una volta, richiama certe dimensioni perturbanti, dove la realtà sembra sempre sul punto di disfarsi in qualcos’altro.
Eppure, il sogno non basta. Giancarlo è destinato a scoprire che esistono forze che travalicano il desiderio individuale, correnti più grandi di lui che non può controllare. La resa finale non è una sconfitta, ma la presa d’atto di un limite. È qui che il film trova la sua forza: nel raccontare il gesto fragile e umano di chi smette di fingere per un vezzo, per uno scomodo meccanismo di difesa. Il protagonista è un esordio che guarda il cinema come terreno di ricerca, come spazio poroso dove l’identità si frantuma e si ricompone. Non tutto è perfetto, ma tutto è vivo. E in un panorama spesso anestetizzato dall’utile e dalla misura, questa vitalità disarmata è il miglior segnale del talento.
23/11/2025, 16:15
Alessandro Amato