Note di regia di "Dopo la Notte"
Con Dopo la notte ho voluto raccontare un momento di rottura e ascolto, una sospensione in cui la protagonista – Celeste – è costretta, per la prima volta, a confrontarsi con il proprio vuoto emotivo. Il cortometraggio si muove tra realismo magico ed emotivo: tutto ciò che accade è filtrato dalla percezione sensibile di Celeste, il mondo si deforma o si intensifica in base al suo stato interiore.
La storia prende forma attraverso il suo smarrimento: un’alienazione che la porta a vivere le notti tra eccessi e rumore, con la musica come rifugio mentale costante, una colonna sonora che esiste solo nella sua testa. Solo nel momento in cui il corto si apre al surreale – l’incontro impossibile con la madre – quel rumore si spegne, lasciando spazio al silenzio e alla possibilità di ascoltarsi davvero.
La chiesa, luogo centrale del film, non è uno spazio religioso ma spirituale nel senso più puro: un luogo di assenza, ma anche di possibilità. Un vuoto dove Celeste può finalmente abitare il proprio corpo, sentire il tempo, ballare senza aspettative né sguardi esterni. In questo luogo sospeso, si apre uno spiraglio di verità.
Visivamente, il corto segue un’evoluzione ritmica precisa: dalla concitazione e frammentazione della prima parte si passa a una progressiva distensione, fino a una regia che si fa più rarefatta, contemplativa. Durante il dialogo con la madre si è cercato di rispettare l’intimità emotiva della scena, affidandosi al potere della memoria e del non detto. L’incontro non salva Celeste, ma la scuote. Non le dà risposte, ma apre una ferita attraverso cui può tornare a sentire. Il film si chiude in una solitudine profonda, ma con una fragile luce che filtra: quella di chi ha attraversato la notte e ha visto qualcosa, anche solo per un attimo.
Costanza Fusco