VENEZIA 82 - LA GRAZIA: Le ragioni di Stato e del cuore
Superato il viaggio conturbante nella vita di una donna lungo 50 anni in “
Parthenope”, il premio Oscar
Paolo Sorrentino torna nei palazzi del potere, a 17 anni da “
Il Divo”, con “
La Grazia” per raccontare i tormenti personali e politici di un fittizio Presidente della Repubblica, Mariano De Santis (
Toni Servillo), che si trova alle prese con la responsabilità abnorme di approvare o meno una legge sull’eutanasia, e con due domande di grazia per altrettanti controversi casi di omicidio. Accanto a lui la figlia giurista Dorotea (Anna Ferzetti) che ha sempre vissuto per il padre, dimenticando di pensare a sé stessa, di “respirare” davvero.
È il Sorrentino che conosciamo tutti quello che ci mostra tra pubblico e privato l’umanità di un uomo di Stato, ma anche di un vedovo inconsolabile che dopo la scomparsa della sua amata moglie, Aurora, si è bloccato, fermato nel tempo, nei ricordi, come “cemento armato”, il soprannome che da anni a sua insaputa gli hanno affibbiato. Ci sono i dialoghi profondi, le riflessioni argute tipiche dei suoi personaggi, le battute caustiche, come quelle della migliore amica del Presidente, Coco Valori (
Milvia Marigliano) - uno dei più bei personaggi sorrentiniani di sempre – gli aforismi che rimangono in testa - “
Lui non parla, confessa: è un grande cattolico” - e il modo rarefatto di sospendere il tempo tra musica tecno, immagini stranianti con al centro sempre il protagonista, come se volesse farci entrare dritti nei suoi pensieri, nelle sue divagazioni mentali, tra un dubbio etico e il ricordo martellante di sua moglie.
Il regista, anche sceneggiatore di questa sua nuova fatica, partendo dalle “ragioni di Stato” riesce nel suo modo peculiare a trattare temi universali e scottanti, dolori indicibili, perdite devastanti, le ragioni del cuore in sostanza, dalle quali nessuno è al riparo, neanche le più alte autorità di uno stato. “
Di chi sono i nostri giorni?”, si chiede Dorotea, che vorrebbe che il padre per una volta nella sua vita avesse il coraggio di rischiare, approvando la legge sul suicidio assistito, una legge che dà potere decisionale sulla propria vita fino alla fine, perché i giorni che compongono la nostra esistenza appartengono solo a noi. I momenti dissacranti spezzano la tensione dei dubbi che accompagnano le giornate del protagonista, ossessionato dall’idea di inseguire la verità, di dare una ragione profonda alle sue scelte, “una scalata dell’impossibile”, su temi non solo come la “legalizzazione” della morte, ma anche su una malattia “terminale” come può essere la violenza che spinge un uomo a torturare per anni la moglie.
Se nel 2008 “
Il Divo” Andreotti ci mostrava tutto il cinismo e i calcoli spietati del potere, il Presidente de “
La Grazia” rivela le fragilità dell’uomo, l’etica del politico che si interroga sinceramente sulla giustizia, l’amore che non muore di un marito verso la donna della sua vita. Paolo Sorrentino cita sé stesso più volte, ironizzando su alcune immagini che sono già un cliché dei suo film il Presidente De Santis che guarda in camera fumando una sigaretta come l’iconico Jep Gambardella de “
La Grande Bellezza” - strizzando così l’occhio al pubblico, ma non dimentica attraverso una grande profondità di pensiero di raccontarci il suo modo di vedere la vita, accarezzando con le parole sofferenze che tutti conosciamo, e facendoci ridere ancora una volta delle nostre idiosincrasie, e di quanto la vita possa essere irrimediabilmente tragicomica.
27/08/2025, 20:33