LOCARNO 78 - IL VANGELO DI GIUDA di Giulio Base
La storia più raccontata della nostra cultura, quella di Gesù Cristo, vista dal punto di vista di Giuda, il discepolo traditore che con il suo gesto rese possibile il compimento della missione del Figlio di Dio sulla terra: Giulio Base ne "
Il Vangelo di Giuda" punta a riconsiderarne la figura, dandogli una profondità inedita (mostrandone l'infanzia difficile) e una giustificazione "divina" per ridimensionare la negatività intorno alla figura dell'Iscariota veicolata dal catechismo più classico.
La sperimentazione scelta dal regista per raccontare questa storia (Base è laureato in teologia all'l'Institutum Patristicum Augustinianum di Roma, e si è circondato della sua famiglia per un tema a lui così caro: produce la moglie Tiziana Rocca con la società Agnus Dei, mentre nel ruolo di Giovanni c'è uno dei loro figli, Vittorio) è sinceramente estrema.
Tutto il film, infatti, viene mostrato dal punto di vista del protagonista (il titolo di lavorazione era "La versione di Giuda"), in parte in soggettiva, facendo cioè coincidere il suo sguardo con quello della macchina da presa.
Spesso poi la figura di Giuda appare in scena, ma quasi sempre di spalle (la fisionomia è quella dello stesso regista, anche se nessun attore viene segnalato nel ruolo): il tentativo è quello di associarlo con uno specifico attore, in modo (crediamo) da identificarsi maggiormente con i suoi dubbi e i suoi errori.
In altri momenti, infine, lo si vede muoversi ma mai visibile chiaramente: per ottenere questo risultato, purtroppo, si è scelto di coprirlo in modo innaturale, sempre con un velo sul volto mentre tutti intorno a lui procedono semisvestiti, ottenendo effetti anche (involontariamente, ovvio) comici.
Altra scelta discutibile è quella di affidare alla voce di
Giancarlo Giannini pressoché l'intera narrazione: il suo talento è indiscutibile, ma novanta minuti di voce fuori campo sono impresa improba anche per lui.
Così il film costringe tutto il resto del cast - in cui spiccano i nomi di
Paz Vega, Rupert Everett, John Savage, Abel Ferrara, Rupert Everett: tutti poco valorizzati, apparendo pochi istanti sullo schermo e senza parlare - a recitare come attori del muto, aumentando in modo netto lo straniamento del pubblico e appesantendo la visione.
Non mancano gli spunti di interesse, sia chiaro: la descrizione dei dodici apostoli è avvincente, i luoghi scelti (in Calabria) paiono decisamente adatti a sembrare quelli del racconto originale, le informazioni raccolte da Base (liberamente ispiratosi a vangeli apocrifi e altri testi, non sappiamo quanto ci sia di vero o verosimile in questa versione) aprono spunti di riflessione non banali.
Raccontare il punto di vista di Giuda è un'idea stimolante, ma le scelte stilistiche rendono il tutto un'operazione teorica più che un film effettivamente riuscito.
11/08/2025, 15:00
Carlo Griseri