Note di regia di "Amata"
Il film prende spunto da un fatto reale accaduto a Milano: un neonato lasciato in una culla per la vita con una lettera struggente da parte della madre. Quella vicenda, divenuta virale, ha acceso un dibattito profondo sulla maternità, sulla libertà delle donne e sul diritto al silenzio. Gli spazi che attraversano – la Roma popolare di Nunzia, la clinica asettica di Maddalena – riflettono il loro stato interiore. La loro solitudine è diversa, ma comune. Sono due volti della stessa medaglia: chi può ma non vuole, chi vuole ma non può. Questo film nasce anche da un’urgenza personale, quella di raccontare dei temi importanti, spesso avvolti dal silenzio: il dolore di un aborto, la depressione post-parto, il conflitto tra il desiderio di essere madre e la propria identità di donna. Amata vuole rompere questo silenzio e aprire uno spazio di comprensione emotiva, affinché donne come Maddalena si sentano meno sole e donne come Nunzia siano finalmente libere di scegliere. Il finale, sospeso tra sogno e realtà, regala un’immagine poetica di passaggio e rinascita: una bambina che cambia la vita a due donne, unite da un legame invisibile. E un mare che custodisce, accoglie e libera.
Elisa Amoruso