Note di regia di "Un Poeta Dietro le Sbarre"
La prima volta che ho incontrato Sandro ho subito percepito il peso del personaggio che avevo di fronte. È controverso e affascinante e porta sulla pelle tutti i segni del suo passato, come se il suo corpo fosse il foglio bianco che racconta la più importante delle poesie: la sua. Fino a questo momento il documentario ha sempre rappresentato per me un ancestrale desiderio di sapere e conoscenza. Nei miei precedenti film (“Cafè - Storia di una ribalta napoletana” e “Caffè & Vino”), il punto di vista era, infatti, dato da ciò che imparavo, e da ciò che più mi aveva colpito, data la mia sfrenata passione per il food. In questo caso, però, ho deciso da un lato di limitarmi a seguire Sandro e le sue vicissitudini; dall’altro, di delineare per lui un percorso, aiutandolo nel suo intento: pubblicare le sue poesie al fine di lasciare un segno del suo passaggio su questo mondo - un segno che non fosse fatto solo di droga, rapine, carcere e violenza. Nell’ultimo periodo ho ripensato a quali film avessero lo stile narrativo che stavo cercando e ho evidenziato due titoli
fra tutti: “Mighty Afrin: in the time of floods” di Angelos Rallis (2023) e “Time” di Garrett Bradley (2020). Nel secondo, in particolar modo, c’è un’affinità anche tematica, per il racconto del carcere e della famiglia come unica àncora per un nuovo inizio. Come accade in Mighty Afrin, invece, il mio intento non è quello di glorificare un uomo controverso trasformandolo in un eroe, bensì fungere da Divina Provvidenza, costruire per lui quel treno che passa una sola volta nella vita… ma lasciargli il libero arbitrio, far decidere a lui se salirci o meno. Osserverò, così, a quale meta lo condurranno la sua volontà e i suoi valori e se, realmente, per lui questo può essere un nuovo inizio. Eviterò, allora, interviste dirette. Porterò Sandro ad aprirsi a poco a poco per far comprendere a sé stesso e agli spettatori i reali motivi che lo hanno spinto a compiere determinate efferatezze, e quando e come esattamente la poesia abbia svolto il ruolo di catarsi. Al fine di mistificare ancora di più il ruolo che la poesia ha giocato e può giocare nella vita di Sandro Boselli, utilizzerò scene in animazione – quintessenza dell’immaginazione e della magia – che, meglio di qualsiasi altra tecnica, può rappresentare l’evasione da una gabbia che spesso non è solo fisica ma anche sociale. Le reference, in questo caso, sono “A love song for Latasha” (2019) di Sophia Nahli Allison e “Is the Man who is Tall happy?” (2013) di Michel Gondry: in entrambi i casi, l’animazione non è utilizzata per far rivivere allo spettatore dei fatti precisi, accuratamente ricostruiti. Anzi, lo scopo è quello di generare sensazioni avvolgenti attraverso impulsi dallo stile unico e peculiare, realizzato attraverso un sapiente uso creativo del 2D. In questo modo, “Un poeta dietro le sbarre” non avrà solo il ruolo passivo di documentare e informare, ma diventerà parte attiva della catarsi che, nel bene o nel male, cambierà per sempre la vita di Sandro. A cambiare, spero, sarà anche qualcos’altro: il punto di vista della società, troppo spesso chiusa alla possibilità di un reinserimento attivo degli ex detenuti, nonché l’approccio di questi ultimi alle seconde possibilità che la vita può offrire.
Vincenzo Lamagna