BREATH - Un documentario intimo e ben costruito
La regista
Ilaria Congiu è nata e cresciuta in Senegal, dove suo padre dirige un’azienda con la quale esporta pesce congelato. Diventata adulta, Ilaria si rende conto che il mare che è sempre stato alla base dell’amore familiare e dei suoi ricordi più belli, sta rischiando di essere distrutto dall’inquinamento e dalla pesca industriale. La Congiu decide dunque di passare del tempo col padre e di porgli delle domande proprio sul futuro dell’acqua e dell’elemento che li ha uniti così visceralmente.
Breath è un documentario intimo e ben costruito, riesce a fondere tematiche ambientalistiche ad una confessione personale e quasi diaristica del cinema. Tornata a Dakar la Congiu sviluppa la sua trama attraverso i dialoghi con suo padre e li intervalla, aggiungendo contributi di altri cinque personaggi. Il filo conduttore che muove tutti gli intervistati è il grande blu del mare che unisce, fonde ed è spero vero e proprio scopo di vita. Il film si apre e si conclude con dei Super 8 delle vacanze, dove il padre della regista la riprende e instaura con lei un commovente e tenero dialogo.
Anni dopo sarà la figlia a puntare una telecamera verso il padre, per conoscere i dettagli del suo lavoro e per farsi raccontare la storia del suo arrivo in Senegal. Le ripercussioni sociali dettate dall’interazione tra cambiamento climatico, inquinamento e pesca industriale sono devastanti. Ci spostiamo dunque a salti di montaggio tra i pescatori a dettaglio in Calabria, che stentano a sopravvivere a bordo di un piccolo peschereccio che copre a malapena le spese di uscita in mare. Seguiamo poi le ‘gabbie volanti’ dove compagnie di pesca, spesso illegali, rinchiudono migliaia di tonni e pesci spada, per trascinarli in acque lontane dal loro luogo di origine per poi destinarli a mercati non regolari. C’è anche la storia di una donna che si immerge in apnea nella profondità del mare e che racconta la poesia del tuffo in solitaria, nel silenzio religioso dell’acqua.
Il movimento narrativo della regista è di riconciliazione e di accettazione verso il padre, i due si ritroveranno in una delle ultime scene a guardare un tramonto su una spiaggia africana a parlare del mare come se fosse una persona della famiglia, in gravi problemi di salute e da curare. Le ultime immagini di archivio del film, sono un omaggio a Vittorio De Seta, che sulla pesca girò nel 1954 lo splendido Lu tempu de li pisci spata, girato proprio nel tratto di mare tra Calabria e Sicilia.
04/05/2025, 10:09
Duccio Ricciardelli