Non capita spesso in Italia di realizzare una vera commedia romantica. Per lo meno a me non era mai capitato, e questo è stato per me motivo di grande divertimento nel fare questo film. Adoro infatti poter affrontare generi diversi e poter fare ogni volta un tipo di film distante da tutto quello che ho fatto prima, un’esperienza totalmente nuova. E poi, a chi non piace raccontare le storie d’amore? In effetti, la vera e propria commedia romantica è un genere poco frequentato dal cinema italiano degli ultimi decenni. Quando lo è stato, è stato quasi sempre utilizzato dal comico-mattatore di turno come scusa per “cucire” i suoi sketch di repertorio (quasi sempre di origine teatrale o televisiva). Dunque, nel preparare HOTSPOT mi è venuto spontaneo prendere come riferimento tutta una serie di film per lo più americani (ma anche qualcuno inglese e francese) che venivano realizzati soprattutto negli anni Ottanta e Novanta e che in qualche modo, per appartenenza generazionale, hanno segnato la mia giovinezza. In questo senso fare HOTSPOT è stato un viaggio nel mio passato, negli anni in cui avevo più o meno l’età di Tina e dei suoi amici e i film che andavo a vedere il sabato al cinema erano (non solo, ma sicuramente anche) FLASHDANCE, PRETTY WOMAN e un po’ dopo NOTTING HILL. Sono film apparentemente leggeri ma che toccano temi fondamentali e che hanno formato l’immaginario e, se vogliamo, il “sistema di valori” di intere generazioni. Riguardandoli oggi provo lo stesso piacere di allora, anzi forse di più, perché mi sembrano aver colto l’essenza di un’epoca e di una generazione e nello stesso tempo mi sembrano essere rimasti moderni, come accade solo alle grandi storie senza tempo, quelle che affrontano i temi, piccoli e grandi, del vivere. E così, riguardandoli, mi sono reso conto che questo film poteva essere un loro “fratello minore”, e in qualche maniera mi sono lasciato guidare, ho cercato di lasciarmi condizionare dalle suggestioni che mi restavano dopo averli rivisti. Il resto lo hanno fatto un gruppo di attori che mi sembrano sempre credibili, e una città, Napoli, passeggiando nella quale parlare d’amore sembra quasi inevitabile.
Giulio Manfredonia