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Note di regia de "I 400 giorni"


Note di regia de
I 400 Giorni è un film-documentario su un gruppo di giovani attori e attrici, sul mestiere dell’attore, sul significato del talento e sul vivere per realizzare un grande sogno. La struttura del film rende possibile l’analisi del ruolo dell’attore su di una linea temporale che fonde contemporaneamente il presente dei “ maestri” con il futuro dei giovani “funamboli” e il passato delle grandi glorie del cinema seguendone da vicino le loro speranze, i successi ma anche le delusioni e le passioni più sfrenate. Le storie appaiono come un microcosmo in bilico tra i bagliori del successo e il costante pensiero di un possibile fallimento e corrono su di una linea sottile che i personaggi attraversano o sfiorano con estremo coraggio ed entusiasmo. Ogni fotogramma de I 400 Giorni è un vero e proprio spaccato di vita e diviene testimonianza che offre al pubblico sia la visione del luccichio dei riflettori sia il lato più intimo e introspettivo di una professione che richiede impegno e costante dedizione. In quanto pittore ritrattista ciò che ha guidato il mio interesse in questo progetto è stata la possibilità di filmare dei veri e propri portraits in tempo reale. Attraverso i sorrisi, gli sguardi e la totalità dei volti di ogni personaggio, sia dai filmati d’archivio che dalle scene contemporanee, ho voluto realizzare un grande dipinto, creando al contempo un ponte ideale tra la fissità della tela e il dinamismo dell’immagine- movimento del mestiere dell’attore.

Emanuele Napolitano

Nel finale de “I 400 colpi”, il giovane Antoine fissa l’obiettivo con occhi carichi di aspettativa, tenerezza, curiosità, paura. E quello sguardo ti resta addosso. Nella realizzazione de “I 400 giorni” mi ha accompagnato la medesima sensazione: sia che si trattasse dei funamboli, alias gli aspiranti attori, sia che a parlare fossero gli attori affermati di oggi, sia che le parole uscissero dai materiali d’archivio, nei primi piani stretti ho riconosciuto quella stessa luce che mostra l’essenza dell’essere attore. Da qui il montaggio in un flusso di coscienza unico in grado di legare quattro generazioni che risultano molto più vicine di quello che si pensi anche se poi, come dice Volontè in un momento centrale del documentario, “Ognuno fa un po’ l’attore come gli pare”. Per concludere devo ammettere che non sono riuscito a dare una risposta definitiva alla domanda su cosa sia il talento, ma mi piace pensare che il film consegni il ritratto di una professione che vive in simbiosi se non addirittura osmosi con la vita.

Emanuele Sana