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TORINO FILM FESTIVAL 40 - Polsi sottili, un manifesto underground


Girato nel 1985, torna sul grande schermo in versione restaurata il film di Giancarlo Soldi, figlio della generazione dei "filmmakers".


TORINO FILM FESTIVAL 40 - Polsi sottili, un manifesto underground
Erano gli anni in cui la televisione commerciale iniziava la sua opera di killeraggio nei confronti del cinema. Gli anni in cui la settima arte scopriva di poter essere pensata e prodotta anche al di fuori di Roma. Gli anni in cui una nuova corrente di autori rispediva al mittente l’appellativo di regista, autodichiarandosi “filmmakers”. Erano gli anni ’80, e questa scossa tellurica che avrebbe colpito per sempre un modo vecchio e ormai superato di concepire il cinema, aveva il suo epicentro nella Milano “da bere”.

Riportato sul grande schermo in occasione del 40° Torino Film Festival, grazie ad un restauro operato da Luce-Cinecittŕ, “Polsi sottili” di Giancarlo Soldi, opera prima che il regista cremonese diresse nel 1985, racchiude tutti gli elementi caratteristici di quella new wave italiana che con pochi mezzi e tante buone idee, fu capace di realizzare un cinema libero da qualsiasi schema.

Le strade trafficate del capoluogo lombardo fanno da sfondo ad un intreccio di storie al limite del possibile, in cui una serie di misteriosi soggetti sembrano muoversi, piů che all’interno di un film, dentro ad un grande fumetto. Del resto, come dimostra la sua filmografia successiva, la nona arte č stata per Soldi una vera e propria educazione artistica e sentimentale. E non un caso, dunque, se all’interno di un 4:3, il formato piů vicino alla tavola del fumetto, prendano vita personaggi come un giovane scalatore di palazzine, che nelle movenze ricorda l’Uomo Ragno, una ragazza in tuta gialla con il potere di cambiare il meteo a seconda del suo stato d'animo, e un’avvocatessa sbadata con portamento e abiti degni delle donne tratteggiate da Guido Crepax.

In “Polsi sottili” tutto si fa arte grafica e sperimentazione, sia narrativa che sensoriale, a partire dai titoli di testa scritti su una tavolozza grafica, passando per le mura dei palazzi che diventano la tela su cui muovere dei passi acrobatici, fino alla cucina, con piatti che assumono le sembianze di opere d’arte contemporanea.

Dentro a questo pittoresco immaginario Soldi si diverte a sovvertire le regole del linguaggio audiovisivo, trasformando la musica in oggetto di scena che interagisce con i personaggi, come nel caso della geniale radio-giacca, e a muovere la sua personale critica nei confronti di una tv commerciale che aveva iniziato la propria opera di “lobotomizzazione” di passivi telespettatori.

Nel finale, subito prima dell’ennesima tempesta provocata dall’umore ballerino della giovane metereoattiva, un ciclista volge il suo sguardo verso il suo allenatore che lo sprona a prepararsi a vincere la prossima gara, fulminandolo immediatamente: “Guarda che per me non č importante né partecipare né vincere, ma sopravvivere”. Parole che suonano come il perfetto manifesto di una generazione di artisti che aveva percepito il vicino e repentino cambio dei tempi, e che avrebbe fatto di tutto per difendere la propria, personalissima, idea di esprimersi e di fare cinema. Un’idea di cui “Polsi sottili” rappresenta uno dei piů brillanti esempi.

28/11/2022, 20:35

Antonio Capellupo