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Note di regia di "Il Gioco di Silvia"


Note di regia di
Prima di diventare la protagonista di questo documentario, abbiamo conosciuto Silvia come fonte giornalistica, per alcuni reportage realizzati sul sex working. Ciò che colpisce di lei è la totale trasparenza: fa la escort perché ama i soldi facili e la bella vita, è assolutamente fiera della persona che è e di quello che ha costruito. L’avremmo voluta culturalmente più rilevante, esteticamente più interessante, con un pensiero sulla vita più originale? Forse, e indipendentemente dal suo lavoro. Ma questo avrebbe già significato proiettare le nostre aspettative su di lei. Invece, abbiamo cercato di limitarci a indagare, e riflettere, proprio lo spazio grigio che c’è tra la narrazione di noi stessi, il nostro essere percepiti, il percepirsi. Silvia ci ha accolti nel suo mondo, nel suo sistema di affetti e relazioni senza imbarazzi o filtri. Abbiamo forzato la mano per porla davanti ad alcune provocazioni – l’incontro con Giulia Zollino, ad esempio –, abbiamo cercato le incrinature della sua vita, senza che emergesse da parte sua alcuna volontà di inversione di rotta. Ogni ora passata con Silvia ci ha fatto rendere conto di come le idee, le norme e le percezioni che abbiamo sul sex working in Italia siano il frutto di stereotipi, pregiudizi e ipocrisie assimilati nel tempo – da lei per prima –, che ci portiamo tutti dietro in modo più o meno consapevole. Partendo dall’assunto che una donna fa ciò che vuole nella vita, soprattutto in una società dove l’edificio patriarcale ha quasi ceduto, la presenza fino a prova contraria solida e statuaria di Silvia ci ha portato a interrogarci come autori, come uomini, come millennial della classe media che temono e rischiano di scoprirsi mediocri, moralisti e conservatori. La vita di Silvia, il suo gioco, riflette come uno specchio il volto di chi la osserva: un’immagine che non sempre ci piace, con buona pace della visione che abbiamo di noi stessi.


Valerio Lo Muzio ed Emiliano Trovati