Prendere la parola racconta un processo di traduzione: imparare a parlare una nuova lingua è attraversare un nuovo linguaggio, trasformando ciò che ci si dice e incontrando altri corpi a noi vicini.
In questo tentativo di adattamento, in questo movimento verso l’altro, risiede il centro del film: da parte mia, scelgo di non ripulire un processo per sua natura caotico e accidentato, e di mostrarlo nelle sue frustrazioni e dispersioni. Prendiamo posto nelle tre stanze e restiamo in ascolto, sullo stesso piano delle allieve e delle insegnanti, mentre una dopo l’altra, con il pretesto della lingua, ci offrono qualcosa del proprio immaginario. Osservando a lungo, capiamo presto che la divisione classica tra chi insegna e chi apprende è una semplificazione insufficiente: piani contrapposti si mescolano, ruoli e definizioni pregresse perdono valore. Si crea una comunità di donne che converge in un unico luogo perché sente che la liberazione delle une è strettamente legata a quella delle altre.
Perla Sardella