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SULMONA FILM FESTIVAL 39 - I vincitori


SULMONA FILM FESTIVAL 39 - I  vincitori
PREMIO SIFF STUDENTI
CORIANDOLI di Maddalena Stornaiuolo.
Tra le vele di Scampia, l’infanzia di una ragazzina cresciuta troppo in fretta si può riassumere con la parola assenza. Assenza di giochi, di favole, di vacanze, di sorrisi e, soprattutto, di amore. Eppure lei ha saputo conservare come unico rifugio la lettura, a testimonianza del fatto che anche nel buio più profondo la cultura può salvare e un futuro migliore è ancora immaginabile. La regista con concisione ed efficacia ha saputo trasmettere un messaggio chiaro, diretto e quanto mai necessario.

BEST ABRUZZO SHORT FILM
THIS IS FINE di Gianmarco Nepa, per aver saputo raccontare l'indifferenza verso la distruzione del nostro pianeta in una chiave diversa e inedita, avvalendosi al contempo di immagini forti e di estremo impatto. Un’idea potente resa in maniera incisiva e al meglio delle proprie possibilità, con la capacità di scavare dentro l’emotività dello spettatore.

BEST ANIMATION SHORT FILM
NORMAL di Julie Caty (Francia), per la forza delle invenzioni e la capacità di creare un loop ipnotico in maniera estremamente divertente, con un stile debitore di South Park e un interessante e graffiante senso dell’umorismo sull’epoca che stiamo vivendo. L’approccio della confezione, sebbene non nuovo, è perfettamente aderente alla tipologia di estetica e di racconto.

BEST EXPERIMENTAL SHORT FILM
ORTHODONTICS di Mohammadreza Mayghani (Iran), per la singolarità del soggetto e la coerenza con cui esso viene valorizzato dalla fotografia e dalle ambientazioni, capaci di strizzare l’occhio allo spettatore grazie a un’estetica di stampo pop, ma conservando la propria unicità. Un’opera che, nella sua brevità, si dimostra tanto esaustiva quanto allusiva, forte di alcuni stridori che, anziché compromettere la visione, ne aumentano la curiosità.

BEST WEB / TV SERIES PILOT
#MARTYISDEAD di Pavel Soukup (Repubblica Ceca), per il coraggio di ragionare sulle insidie dell’adolescenza e di affrontare il tema, tanto subdolo quanto agghiacciante, del cyberbullismo, qui descritto nelle sue conseguenze più tragiche senza ricorrere ad alcun filtro edulcorante, al punto da rendere la visione a tratti respingente. Un’opera solida, costruita con padronanza del mezzo, intrigante e capace di tenere alta l’attenzione dello spettatore

BEST DOCUMENTARY SHORT FILM
THE QUEEN OF BASKETBALL di Ben Proudfoot (USA), per il desiderio, efficacemente portato a termine, di veicolare un monito e uno stimolo alle nuove generazioni, all’interno di una narrazione didattica che non rinuncia alle logiche mainstream dell’intrattenimento e si mostra incline a insegnare qualcosa senza alcuna traccia di pedanteria.

BEST NATIONAL SHORT FILM
MEMORIES OF CROSSING di Alberto Segre.
Una produzione italiana sulla Romania che guarda con intelligenza a un altro paese da una prospettiva nostrana e si segnala per il ricorso mirabile al twist narrativo, allo sviluppo e all’evoluzione dei personaggi e all’utilizzo della tensione all’interno di un cortometraggio corposo e buffo, che parla della tortura dell’agonismo e immortala il desiderio di vincere, nel senso più alto e sano del termine. La cattiveria e la disperazione di uno dei due personaggi femminili nel soppiantare l’altro è restituita con efficacia e l’urgenza di raccontare la storia è ben servita da un cambio di registro totalmente al servizio dello storytelling.

BEST INTERNATIONAL SHORT FILM
SEIVA BRUTA di Gustavo Milan (Brasile), per la completezza dell’esperienza cinematografica, connotata da forti tratti di eleganza e potenza e da soluzioni registiche imponenti e strutturate. Il senso di poesia drammatica, che non rinuncia all’ironia, raggiunge un’idea di epica che passa attraverso moltissime location, tutte magnetiche, e scende a patti con un’idea di pura bellezza narrativa e figurativa.

BEST MUSIC VIDEO
BACK TO US di Gabriele Rossi (Italia), per aver saputo condensare la poetica di diversi artisti in un unico flusso narrativo, capace di esaltare le peculiarità delle singole ispirazioni, nel rispetto di una visione d'insieme di notevole caratura espressiva.

Premi di categoria

BEST SOUNDTRACK (dedicato a Gabrielle Lucantonio)

Ariel Marx per SEIVA BRUTA.
Una musica che si segala per la capacità di accompagnare opportunamente il racconto, scegliendo con intelligenza il vestito sonoro più adatto per il cortometraggio e scrivendo la colonna sonora appositamente per la storia, agendo oltretutto senza imporsi in modo invadente e con una certa distanza dalle tradizioni melodiche più abusate. In un momento specifico del cortometraggio in cui la musica sale, unitamente all’orchestra totalmente elettronica, si ha la sensazione che senza l’apporto della soundtrack l’impatto complessivo del prodotto sarebbe risultato estremamente depotenziato.

BEST ACTRESS
Samantha Castillo per SEIVA BRUTA.
L’attrice regala una fortissima interpretazione nei panni di Marta, una giovane madre venezuelana che s’imbatte in una giovane coppia con una bambina in difficoltà mentre sta emigrando in Brasile. La sua interpretazione carica questo personaggio, contrassegnato da una maternità estremamente sfaccettata e articolata, di notevole forza espressiva, resa sullo schermo con dolente e vibrante intensità.

BEST ACTOR
Günter Tolar per FABIU, per la toccante interpretazione di un attore che restituisce, senza esplicitarli, anche i non detti della vita precedente del protagonista, che non vediamo sullo schermo ma che immaginiamo nei suoi tentennamenti erotici e desideri non realizzati, in rapporto tanto alla moglie quanto alla propria taciuta omosessualità.

BEST EDITING
Ben Proudfoot e Stephanie Owens per THE QUEEN OF BASKETBALL, per l’uso opportuno e preciso del montaggio di repertorio, che mostra una singolare abilità nel far sorridere mescolando pubblico e privato senza rinunciare all’emozione.

BEST CINEMATOGRAPHY
Georg Weiss per FABIU, per la gestione ammirevole di una fotografia non semplice all’interno di una storia fortemente complicata sul piano emotivo, nella quale l’illuminazione dei tratti fisici e degli oggetti, dalle rughe del protagonista alle tende, creano un paesaggio visivo cesellato attraverso silhouette, chiarori di luna e una tensione a smussare l’oscurità in frangenti particolari e non casuali. Il risultato è un linguaggio visuale estremamente sofisticato, già a partire dalla scelta degli angoli di ripresa e dei punti luce.

BEST SCREENPLAY
Annie St-Pierre per LIKE THE ONES I USED TO KNOW, per una scrittura che si sobbarca la sfida non semplice di restituire il senso di comunità e l’intimità di una famiglia all’interno di una casa, proiettando con forza lo spettatore direttamente nell’epoca narrata, gli anni ’80, con lo slancio pittorico di un’istantanea. Un cinema che oggi non si fa (forse) più, ma col quale molti di noi potrebbero essere cresciuti, in grado di veicolare un coinvolgimento e un’adesione emotiva che, a partire da un milieu borghese assai specifico, parla direttamente a ciascuno spettatore e non ha paura di disseminare simboli e dettagli.

BEST DIRECTOR
Annie St-Pierre per LIKE THE ONES I USED TO KNOW, per la maestria nel raccontare una famiglia, in pochi minuti e con invidiabile naturalismo, restituendo attraverso soluzioni puramente formali il senso di isolamento del padre e le singole identità di tutti i bambini, diretti con mano sicura e portati a un altissimo livello di recitazione. La gestione e il controllo di caratteri ed elementi eterogenei, oscillando tra infanzia ed età adulta, è maneggiata dalla regia con ambizione, economia della complessità e mano sicura.

08/11/2021, 07:43