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Note di regia di "Inchei"


Note di regia di
“Inchei” lo volevo girare con uno spallaccio sporco e ruvido, quasi traballante, ma ci tenevo allo stesso tempo che la fotografia fosse curata e dolce, che catturasse quelle bellissime luci che a settembre tingono Milano di colori malinconici e marini, da metropolitana incendiata e allo stesso tempo soporifera.
Fin da subito avevo pensato a una macchina da presa molto vicina ai visi, così come era accaduto quando filmavo col cellulare i dialoghi botta e risposta dei ragazzi.
Desideravo una molesta invadenza dell’operatore, dei primi piani continui, volevo un’intimità sorprendente e sincera.
Non potendo permetterci delle lenti che schiacciassero i visi, puntammo a un’estetica che - senza paura di ammettere le reference - potrei definire Minerviniana: 15 e 25 mm, nient’altro, una Black Magica 4K Pocket e un paio di filtri.
A Filippo Marzatico (direttore della fotografia) inviai i dipinti della giungla di Henri Rousseau, gli dissi che il mondo dei ragazzi lo vedevo così, che i luoghi attorno alle baracche di Armando mi sembravano una foresta tropicale, che Milano era come una grande savana metropolitana, incendiata dal sole estivo e in mano a quei pochi selvaggi rimasti ad ingoiare l’afa di fino agosto. C’erano tramonti allucinanti, visioni dolciastre di albe violacee, e io volevo che ci fosse tutto di quello.
Con Filippo parlai anche di una visione tendente all’acido, secca e afosa, lui mi consigliò “A Short Film about killing” di Kieslowski e così il verde divenne un colore preponderante, una sorta di richiamo alla zarraggine dei ragazzi, al loro mondo di canzoni trap ed acid videoclip,
una chiara proclamazione di contemporaneo.
Che altro dire sulla regia? Sicuramente gran parte delle mie energie sono andate sulla cura della recitazione, sulle pause, sui ritmi, sul cercare di mantenere un profondo
distacco tra i dialoghi caotici degli amici e i dialoghi sospirati e aleggianti di Arma e Melanie (lei volevo che figurasse come una figura-fantasma, più una presenza che una persona, una sorta di ricalibro intimo e pacifico del mondo pullulante di input che Arma stava vivendo. Un ricordo, malinconico e sottile).
E poi è sopraggiunta la musica, che in montaggio ha dato una nuova sferzata alla storia. A Tommaso Lapiana (compositore) avevo dato la reference di una canzone super pop, piano e
voce, iper malinconica, e gli avevo detto che avrei voluto che sulla colonna sonora ci cantasse sopra. Volevo fare una roba a mo’ di film Disney, con una canzone cantata, mi
sembrava incredibile poter provare una cosa del genere, e poi mi immaginavo un testo che volasse come un’anima sopra le vite di questi ragazzi e le descrivesse con dolore e
ingenua saggezza. Uno sguardo dolce, maturo e struggente. Tommi fu bravissimo, tirò fuori un piano e una melodia di voce che ancora adesso mi mettono i brividi, di un’intimità
e insicurezza strabilianti. Il suo apporto e quello di Filippo sono stati colonne portanti di tutto questo, mi hanno aiutato ad amalgamare il pacchetto di input che stavo raccogliendo nella mia estate coi ragazzi dandomi la possibilità di sviluppare una regia che è un collante di
tenacia e commozione tra tutti i pezzi e le intuizioni in cui sentivo pulsare del sentimento. Sentimento dopo sentimento, alla fine è venuto fuori “Inchei”.

Federico Dematte'