Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Note di regia de "L'Ultimo Paradiso"


Note di regia de
Mia madre le storie le sapeva raccontare. E io, insieme a mia sorella e i miei due fratelli più grandi, restavamo lì, a bocca aperta ad ascoltarla. Eravamo rapiti dai suoi racconti, dalla sua voce, con la quale magicamente trasformava quelle parole in immagini, dando vita a personaggi rimasti poi impressi nella mia mente. Riaprendo una pagina di un passato che mi appartiene, attraverso le immagini, ho cercato di dar voce a fatti rimasti sepolti nel tempo. Il film “L’ULTIMO PARADISO” si ispira a un fatto realmente accaduto alla fine degli anni ’50, al Sud, dove sono nato e cresciuto. L’idea è stata quella di ritrarre il meridione raccontatomi. Un sud aspro e bellissimo che assiste con indifferenza ai drammi della sua gente, sovrastandola coi suoi silenzi. In campo l’antica lotta tra libertà e oppressione, tra giustizia e prepotenza. Ciccio e Bianca vogliono cambiare la propria condizione a qualunque costo, e sono pronti a sfidare il loro destino. E’ la nobiltà del ‘contadino’ che si esprime in loro, che lascia trasparire una forza e una dignità ormai perduta. Inquadrature precise e movimenti essenziali per mettere in evidenza i sentimenti dei miei personaggi, per esprimerne a pieno la loro autenticità. Ho cercato di raccontare il conflitto e la tensione, evocando alcune atmosfere western, che stanno nelle terre bruciate, nella caratterizzazione netta dei personaggi e nel modo che hanno di scontrarsi. Le scenografie degli interni sono costruite con pochi elementi fortemente connotati ed evocativi. Oggetti ‘simbolo’ di un mondo contadino, che raccontano la fatica e le difficoltàdelle famiglie, oltre ai desideri trattenuti nel pudore. Per la fotografia, per gli esterni, ho voluto una luce molto fisica, che faccia ‘sentire’ la presenza soverchiante della natura. Per gli interni, ho voluto invece una luce che provenga dall’esterno, che sottolinei, con le sue ombre, lo stato d’animo dei personaggi. Mi sono limitato a un’evocazione del dialetto locale, per dare ai dialoghi una verità e un’immediatezza che ha solo la lingua popolare. Le musiche originali del tema principale, scritte da me e mio fratello Pasquale, ci trascinano in un mondo fatto di rassegnazione, ma anche di speranza. In un’atmosfera da sogno, sulle note di ‘Que reste til de nos amours’ di C. Trenet, come due ragazzini, Bianca e Ciccio sognano di andare a Parigi e imparare il francese. Senza troppe descrizioni e virtuosismi di riprese, ho voluto raccontare un pezzo della mia terra e il suo ancoraggio a un mondo arcaico dove lo Stato, ancora oggi, non sa dare risposte alla mancanza di opportunità che impera ancora in quelle aree.

Rocco Ricciardulli