"Luce Oltre il Silenzio"di Giuseppe Racioppi
La povera fotomodella Giulia interpretata da
Diletta Laezza, al suo debutto sul grande schermo vive la degradazione fisico-morale-affettiva nel passaggio da modella a drogata, successivamente da drogata a soggiogata e dipendente dal fascinoso Franco (
Mario Ermito) che impersona “Il Male” e le fornisce la droga, e infine ulteriore passaggio da drogata a prostituta. Tutto molto liscio fino a qui. Parte poi il giro all’inverso: da prostituta a devota fedele della Madonna (inginocchiata in chiesa a pregare con minigonna e velo nero), poi da pia fedele orante, a rehab che finalmente recupera la sua volontà e decide di cambiare vita (si capisce dal fatto che fa delle linguacce e mostra il dito medio al suo pusher Franco che la manda a battere), ed infine a normale donna-ex modella, che oltre a non prostituirsi e drogarsi più, si ricorda anche di essere madre di una bambina di circa otto anni. Il tutto non esattamente in quest’ordine.
Il mondo della moda è così, è risaputo; quando non sei più sulle prime pagine e non hai più i soldi per comprarti la coca, cadi in automatico nel mondo della prostituzione. Non sprechi nemmeno troppo tempo a spiegarcelo, si dà per scontato che questo è l’iter per tutte: ca va sans dir, insomma. Fine del giro stroboscopico nel mondo della moda di Ascoli Piceno.
Fortunatamente
Giuseppe Racioppi, sceneggiatore e regista nella sua presentazione ci aveva avvertito: “pensato prima come un film, si è trasformato in un real-life, non aspettatevi una consecutio temporum, cogliete le immagini di un mondo che fluttua. La degenerazione delle luci del palcoscenico, lo sfarzo, la notorietà, le illusioni, i venditori di finto successo, non cercate una logica nel film, lasciatevi coinvolgere da questo viaggio struggente tra luci ed ombre nel mondo della moda”.
Infatti, una logica davvero non c’è ed aggiungeremmo anche: non cercate nemmeno una consecutio intellegibile e non aspettatevi neanche variazioni interpretative sulle due espressioni due del “Signor Male in persona” Franco Ermito, la prima con la linguetta bagnata malefica sempre pronta a spuntare fra le sue labbra frementi e la seconda con pollice appoggiatovi sopra che mantiene anche nelle immagini finali del back stage, durante i titoli di coda, mentre seduto davanti allo specchio nei camerini lo pettinano, ha la stessa unica espressione.
Non aspettatevi nemmeno di capire come può scatenarsi l’amore e la gratitudine più profonda, quando un tizio (il Bene in persona) contro il quale Giulia è sbadatamente andata a sbattere per strada, le raccoglie gentilmente la borsa caduta a terra. Scocca l’amore, per l’unico essere gentile al mondo? Il profumo del suo fazzoletto è impregnato del miracoloso profumo degli angeli? Era lui stesso un angelo travestito da normale cittadino? Sarà quello il motivo di cotanto cambiamento nella vita della modella? Di sicuro era un fazzoletto miracoloso, se anche la barbona (Eva Grimaldi) in un impeto profetico, tra la trance e la sbornia, solennemente incita Giulia a riprendere in mano la sua vita.
L’annunciato viaggio struggente dove la parola è assente tra dolore e perdizione, spiritualità e riscatto, non riesce ad cominciare. Il mezzo scelto per il viaggio non arriva, era un docu-film, era un treno, un carretto o un real-life? Non si sa, lo stiamo ancora aspettando.
Nel film si è deciso poi, di dare la parola alla musica, facendone la vera protagonista. Belle infatti le note di
Vincenzo Incenzo, autore di molte canzoni di Renato Zero, che ha appositamente composto le musiche, cercando di dare un senso a quel viaggio struggente mai cominciato così tanto presuntuosamente annunciato dall’autore, Alcune immagini rielaborate in chiave immaginifica compongono anche il videoclip del brano principale "
Il primo giorno dell’estate".
Nella perplessità totale in cui il real-life lascia si salvano tre cose: l’immagine delle modelle/drogate/prostitute, nella speranza che nella vita reale (nonostante sappiamo tutti benissimo sia un mondo di falsi valori, vizi ed eccessi) magari qualcuna riesca a salvarsi dalla futura ma inevitabile vita da lucciola. La seconda è l’interpretazione della povera
Diletta Laezza inconsapevole esordiente, che nulla ha potuto di fronte a dialoghi e sceneggiatura e infine anche quella della innocente, piccola
Eleonora Santia Notari ignara anch’ella di recitazione, ma il cui “movimento dei capelli” è sembrato profondamente “intenso”.
14/05/2019, 16:28
Silvia Amadio