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FOREIGN OFFICE - "STYX", Il Potere del Silenzio


Il film di Wolfgang Fischer, in uscita giovedì 15 novembre, ha appena ottenuto il prestigioso Human Rights Film Award 2018, che sarà consegnato a Norimberga l’8 dicembre prossimo


FOREIGN OFFICE -
Susanne Wolf in "Styx" di Wolfgang Fischer
Un film in cui la protagonista, impegnata in una traversata oceanica in solitaria, rimane quasi tutto il film in silenzio. Le uniche sue battute, che possiamo contare sulle dita di una mano, sono rivolte al coprotagonista, un ragazzo africano che salva da una carretta del mare, il resto sono codici di navigazione che utilizza per lanciare i vari SOS e per comunicare la sua posizione.

Wolfgang Fischer ci mostra la protagonista, l’attrice Susanne Wolf in ogni fase della sua solitaria avventura non mancando di sottolineare la beatitudine che lei assapora in questa dimensione eremitica, la totale mancanza del bisogno degli altri, la soddisfazione tangibile nello stare da sola. Dal mangiare una busta di cereali al lavarsi con un pentolino di acqua, dal leggere in santa pace tra le onde un libro illustrato con le foto dell’isola dove si sta dirigendo, al tuffarsi nell’oceano per un bagno purificatore, la solitudine è la sua confort zone: non teme fatica, freddo, sonno né tempeste oceaniche con mare forza 9.

Questo suo silenzio per scelta, si contrapporrà al silenzio dell’ultima parte del film, quando si troverà a scontrarsi contro la cinica legge del più forte e ne subirà l'odiosa potenza. "Styx" tratta il tema dei diritti umani troppo spesso calpestati, sottolineando il totale disinteresse nei destini dei più deboli. L’espressività dell’attrice, la sua interpretazione armonicamente diretta da Wolfagang Fischer, sempre bilanciata e realistica, fanno del film una vera arma a doppio taglio: da soli si può star bene, ma in determinate occasioni si è penalizzati. Evidenzia con fredda precisione quanto la solitudine si possa trasformare in impotenza.

Il regista ha tenuto a specificare che non ha usato attori: i profughi sono realmente dei rifugiati, il personale di soccorso stradale, i medici, il corpo del rescue in mare, sono nella vita realmente quello che fanno nel film. Tutti tranne Susan, vera attrice ma in realtà anche abile velista, non fa finta di portare la barca ma veleggia, sa governare il suo guscio tra le onde, sa usare gli strumenti di bordo, alza le vele, arrotola le cime.

Per avvicinare il film il più possibile alla vita reale, per la parte medica è stata addestrata da personale qualificato per non scivolare in imbarazzanti imprecisioni.
Una ottima interpretazione anche quella del ragazzo, Gedeon Oduor Wekesa, scelto tra gli studenti di una Ong, la scuola d’arte fondata a Nairobi dal regista Tom Tykwer, che cerca di offrire una preparazione artistica e culturale ai ragazzi di strada e che veramente gli ha salvato la vita, infatti, grazie a questa interpretazione, che gli ha miracolosamente permesso di fare della recitazione il suo mestiere e che lo ha lanciato nel mondo del cinema, il ragazzo è stato scelto per lavorare prossimamente in ben due film ad Hollywood.

Film d’apertura al Festival di Berlino della sezione Panorama, ha già vinto svariati premi. Il regista sta seguendo le proiezioni con conferenze e dibattiti anche nelle scuole e nelle università europee per promuovere la cultura dei diritti umani e per diffondere nei giovani la visione etica di un mondo più giusto e più solidale di quello odierno.


Silvia Amadio

12/11/2018, 16:19