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LUCCA COMICS & GAMES 2018 - Nuovo Cannibal per Deodato


Un'inedita intervista al regista di "Cannibal Holocaust", che a Lucca ha presentato il sequel divenuto un libro illustrato da Miguel Angel Martin.


LUCCA COMICS & GAMES 2018 - Nuovo Cannibal per Deodato
Il regista Ruggero Deodato e il suo Cannibal Holocaust 2
Il suo "Cannibal Holocaust" fu una bomba così grossa da diventare uno dei film più censurati della storia del cinema. A distanza di quasi quarant'anni Ruggero Deodato torna a raccontare una cannibal story, ma questa volta affidandosi al mondo del fumetto. Presentato in anteprima assoluta al Lucca Comics & Games, "Cannibal Holocaust 2" è diventato un volume per Nicola Pesce Editore, che ha pubblicato la sceneggiatura inedita di un film da molto tempo "nel cassetto", accompagnata dalle tavole del trasgressivo fumettista spagnolo Miguel Ángel Martín. Lo abbiamo intervistato per scoprire come è nata questa fusione tra settima e nona arte.

Torna "Cannibal Holocaust" ma questa volta non a cinema, ma in libreria. Da dove nasce l'idea del sequel raccontato attraverso un'altra forma di scrittura?
L'idea del libro è nata da una chiacchierata a cena con l'editore Nicola Pesce. Mi chiese se avessi avuto storie inedite mai dirette e gli risposi che ovviamente ne avevo tante nel cassetto. Una delle ultime a cui avevo lavorato è proprio il sequel di “Cannibal Holocaust” e in men che non si dica mi ha proposto di farlo diventare un fumetto. Angel ha fatto un ottimo lavoro, e praticamente mi ha fornito un potenziale storyboard perfetto. Chissà, magari con il successo del libro a qualcuno potrebbe venire in mente di farlo davvero diventare un film. Il film è praticamente già impostato.

A distanza di quasi quarant'anni, nell'era della rete e delle sue immagini sempre più forti ed esplicite, oggi credi che un film come quello subirebbe una censura tanto forte come allora?
Purtroppo si, perché ho notato che la realtà interessa meno della finzione. Quando chiedo ai miei fan americani se hanno provato raccapriccio vedendo le immagini della ormai celebre decapitazione del soldato americano per mano dell'Isis, cosa che io stesso non riesco a vedere, mi dicono di no. E paragonandole al mio film, molti mi confermano che quelle immagini non sono tanto forti quanto la messa in scena di "Cannibal". E' una cosa davvero strana da spiegare.

Appartieni ad una generazione di registi "artigiani" che attraverso il cinema di genere è stata capace di far provare emozioni forti agli spettatori, a volte andando a scavare nei loro incubi più profondi. Quale era il vostro segreto?
La nostra è stata una generazione abituata a vedere un certo tipo di immagini. Io ad esempio amo la campagna, ci sono cresciuto, e fin da bambino sono stato abituato a vedere ammazzare degli animali. Penso al maiale nel periodo del sanguinaccio, al gallo per il cappone o ai piccioni affogati per essere resi più morbidi. E poi, forse cosa ancora più importante, quando moriva un parente anziano si andava tutti a vederlo, non gli si diceva di ricordarlo in vita. Queste sono tutte limitazioni che sono state date ai giovani, un po come gli americani che bevono il latte fino a sedici anni e alla prima birra si sdraiano, a differenza nostra che avevamo sempre un parente che ti versava un bicchiere di vino. Quando noi abbiamo fatto quel cinema abbiamo trovato dei giovani impauriti da tutto, e per noi è stato facile fargli provare emozioni forti.

In questo sequel il vero protagonista sei tu, che entri nella storia con le tue sembianze. Cosa ti ha portato a metterti in gioco direttamente?
Ho pensato che la mia presenza in scena potesse avere un suo interesse, dal momento che sto facendo un sacco di camei in film internazionali, vedi “Hostel 2”, e molti riscuotono un sacco di successo. All'inizio pensavo di inserire anche un paio di attori del primo film, ma poi mi sono detto che di anziano già bastavo io. Così ho pensato che nella storia che mostra un ritorno sui luoghi di "Cannibal", ad accompagnarmi sarebbero dovuti essere due giovani.

Facendo per un attimo spoiler, nel finale ti si vede morto, con una grossa tartaruga pronta a nutrirsi dalla tua testa. Dobbiamo leggerla come la fine del Deodato regista?
Beh si, a dire il vero ci ho pensato. Per me "Cannibal Holocaust" è stato in effetti croce e delizia. All'inizio per varie vicissitudini è stato qualcosa di atroce e mi ha segnato la vita, poi negli ultimi vent'anni è diventato un piacere, la sua rivalutazione soprattutto da parte dei giovani mi ha portato gioia.

Concludendo, negli ultimi anni ti è capitato di dirigere dei corti, e per uno come te che in carriera ha diretto decine di spot, raccontare in breve tempo non è una grande sfida. In un momento in cui l'industria non investe più nel cinema di genere, pensi che quella dei corti sia l'unica strada per un certo tipo di storie?
Ammetto che i corti che fanno oggi i giovani non mi esaltano, perché in realtà sono quasi dei lunghi, a volte arrivano anche a venticinque minuti. Saper raccogliere una storia in pochi minuti è una dote che mi riconoscono in molti nell'ambiente. Credo sia qualcosa che in parte ho acquisito nel tempo girando spot televisivi, e poi cercando di fare mia la lezione di Rossellini, che era capacissimo di tenere in pugno un produttore raccontando una storia in pochissime parole. Un produttore tedesco mi ha recentemente contattato per dirigere un corto che andrà ad inserirsi all'interno di un film ad episodi in cui sono coinvolti dodici registi internazionali. Lo vogliono fare uscire a Sitges, il festival del cinema fantastico della Catalogna dove sono già stato ospite diverse volte e che amo molto. Per quel film ho scritto una storia molto leggera che parlerà del terremoto a l'Aquila. Farò i sopralluoghi a breve e voglio che ne venga fuori una chicca, un corto tenero e bello. Chissà che il libro prima e il corto poi, non possa riaprire le porte ai lunghi.

02/11/2018, 20:22

Antonio Capellupo