"I Topi" di Antonio Albanese (Foto Iannone)
Chi sono “i topi” in Italia? Sono i mafiosi, coloro che si nascondono come latitanti per mesi nei cunicoli delle fogne, negli armadi, nei posti più impensabili. I topi vivono sotto terra, lontano dalla Polizia e dalle famiglie nemiche.
Antonio Albanese li racconta attraverso una famiglia mafiosa da generazioni di cui Sebastiano (Antonio Albanese) è il capostipite, figlio di un boss scomparso da tempo dal quale ha ereditato un’impresa edile ben avviata nel malaffare. Sebastiano è ricercato dalla polizia, nonostante abbia inscenato in passato la sua morte. Passa il tempo rinchiuso nella sua villetta, in un imprecisato posto del nord Italia.
Per garantirsi la sopravvivenza, Sebastiano è aiutato dalla moglie Betta (
Lorenza Indovina) che lo aiuta nelle sue costanti fughe sotterranee o nei suoi travestimenti notturni quando è costretto a uscire per incontrare il suo uomo di fiducia, U Stuortu (
Nicola Rignagnese).
Betta non esercita alcuna influenza sul marito o sui figli, è ignorante quanto Sebastiano e lo asseconda in ogni scelta: per lei la sola cosa importante è vivere nella sua agiata villetta con giardino. Poi i figli: Carmen (
Michela De Rossi) e Benni (
Andrea Colombo). Lei è la più grande, studia Economia all’università, sa bene cosa vuole e cambia spesso fidanzati. Evidente è il contrasto culturale con il padre, anche se hanno lo stesso carattere. Benni invece è un diciassettenne figlio del suo tempo, un po’ stupido e con il sogno di diventare uno chef famoso. È ancora molto ingenuo e incosciente e nessuno lo prende in considerazione in famiglia.
Luogo principale nonché altro protagonista della serie è la villetta de “I Topi”, fornita di numerosi sistemi di allarme e di telecamere, ha un’alta recinzione in muratura e un ampio giardino con prato. La caratteristica della villa è quella di avere una fitta rete di cunicoli sotterranei e intricati percorsi segreti che conducono all’esterno. Inoltre, sempre percorrendo spazi angusti, scale e passaggi di vario genere, si vola dentro un tubo che porta al nascondiglio dove da 12 anni vive lo zio Vincenzo: un’unica stanza senza finestre ma fornita di tutto, anche di un vecchio citofono e un codice speciale di luci intermittenti per comunicare col piano di sopra.
Albanese fa ritorno in Rai con una storia dove la mafia viene raccontata senza arte né parte, come una grande famiglia sì, ma sostanzialmente ignorante e sempliciotta. Nessuno spazio all’epica o alla mitologia. I topi sono topi, che stanno nelle fogne.
Il regista ha trovato ispirazione per la storia dopo aver visto un servizio giornalistico in tv di un latitante sopravvissuto in un armadio per otto mesi. Mossa intelligente o stupidità? Albanese ha scelto la seconda opzione. Buffi e rocamboleschi sono gli espedienti adottati in scrittura, che estremizzano drammaturgicamente le situazioni, rappresentando il mondo mafioso attraverso una chiave comica e un uso intelligente del ribaltamento di senso.
Forse troppi i classici tormentoni e le ripetizioni che il regista utilizza per caratterizzare la storia e per stereotipare i personaggi, ma l’idea di base è brillante. La scelta del cast, la messinscena classica e la regia, rendono "
I topi" un prodotto di alta qualità per la televisione italiana, tirando su l’asticella per quelle che saranno le prossime serie che vedremo in televisione. La cultura e le competenze di
Antonio Albanese hanno alzato la posta, e ora speriamo che ci sia qualcuno di coraggioso pronto a tenere o a superare il livello nella narrazione seriale della televisione italiana.
Anna Pennella