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LA TERRA DELL'ABBASTANZA - Intervista ai fratelli D'Innocenzo


Fabio e Damiano D'Innocenzo dopo alcune esperienze da sceneggiatori (sono anche nei credits di "Dogman") dirigono il primo film


LA TERRA DELL'ABBASTANZA - Intervista ai fratelli D'Innocenzo
Fabio e Damiano D'Innocenzo - Foto Carlo Griseri
Tour in tre tappe (Firenze, Milano e Torino) per i fratelli Fabio e Damiano D'Innocenzo in vista dell'uscita in sala - dal 7 giugno - del loro film d'esordio, "La terra dell'abbastanza". Applaudito dalla critica internazionale alla sua presentazione a Berlino, il film è la prima esperienza dei due fratelli romani 28enni dietro la macchina da presa, dopo una già lunga carriera di sceneggiatori (spesso anche come ghostwriter di importanti nomi) e di consulenti (ultimo caso, quello di "Dogman" di Matteo Garrone).
Profondi amanti e conoscitori del cinema, i "fratelli D'Innocenzo" (come firmano le loro opere) si sono dimostrati in ogni tappa decisamente interessati al confronto con la platea e disponibili a raccontare le loro idee. Li abbiamo intervistati prima della tappa torinese del tour.

Da quale immagine siete partiti per il vostro soggetto?

Siamo partiti dal titolo, suggeriva un immaginario sufficientemente ampio. E poi avevamo l'immagine di questi due ragazzi, dentro una macchina, che parlano delle rispettive vite. Per noi il film poteva essere anche solo quello, poi in una decina di pagine di sceneggiatura avevamo risolto quello che era il loro background, e abbiamo trovato un punto di svolta alla storia.
Siamo stati i primi spettatori del nostro film, non sapevamo quale fosse la trama e lo vedevamo nascere in fase di scrittura: avevamo una sorta di visione dall'alto, veramente il resto si è scritto da solo, abbiamo fatto gli scribacchini.
Adesso, rileggendola (l'abbiamo scritta 6 anni fa!), la troviamo inspiegabilmente ben strutturata, eravamo fuori dai canoni ma dal punto di vista drammaturgico era inquadrabile nella formula dei "tre atti", aveva tutti i classici punti di svolta, aveva un climax... Ma ci è venuto tutto naturalmente, semplicemente seguendo il senso della storia.
Volevamo raccontare una storia di amicizia, che è al centro del film. Si può definire il nostro un film di genere, ambientato nel mondo criminale, ma resta tutto sullo sfondo, il focus è sui due amici e sul loro rapporto.

Avete scritto molto finora, tante sceneggiature: perché questa è stata la prima a diventare un (vostro) film?

Abbiamo scritto da giovanissimi una sceneggiatura che è stata presa in America e ci hanno fatto un film. Siamo accreditati, ma è un film tremendo, si chiama "Two Days": la sceneggiatura è stata completamente ribaltata! Da lì ci siamo detti: quando scriviamo pensiamo prima se saremo noi i registi oppure no. La cosa si può ripetere.
Abbiamo scritto per tanti in questi anni, abbiamo parlato con tanti, seguiamo e studiamo tutti, da Sorrentino a Garrone ma anche il teatro e tante altre cose.
Noi arriviamo dalla periferia romana, da Tor Bella Monaca, che viene considerata come il Bronx, è terra rasa al suolo. Ma siamo convinti che il cinema sia una cosa che "si può avere" ovunque, è molto concreto. Devi scrivere tutti i giorni, dedicarti al lavoro, andare a vedere il lavoro degli altri, conoscere gli attori (specie quelli teatrali!).

Nei titoli di testa si leggono i nomi di grandi tecnici del cinema italiano (Paolo Carnera alla fotografia e tanti altri): li avete proposti voi?

Tutti, a parte Carnera che è stata un'idea della produzione che abbiamo subito accolto. Alcuni pensano che per un'opera prima sia meglio non circondarsi di nomi troppo "forti" per non esserne schiacciati, ma noi pensiamo il contrario: abbiamo rubato qualcosa da tutti, è meglio lavorare con i più bravi per poter imparare molto di più!

Come avete scelto i vostri attori, cosa cercavate?

Andrea Carpenzano lo abbiamo trovato subito, al primo giorno di provini. Ma per il ruolo di Mirko non trovavamo nessuno: abbiamo provinato tutti gli attori di quella generazione, oltre un centinaio, e ne abbiamo conosciuto molti di bravi. Ma erano per noi inadatti al ruolo, avevamo in mente la coppia che volevamo sullo schermo e non trovavamo il partner giusto per Andrea.
Poi un giorno è venuto questo ragazzo che era al suo primo provino (Matteo Olivetti, NdI), aveva 28 anni ed era apparentemente troppo vecchio per la parte. Ma era estremamente naif, il provino è stato lungo e lui è stato "meravigliosamente imperfetto", ci ha fatto capire che aveva quella giusta fanciullezza e voglia di vivere che poteva renderlo credibile.

Tanti i film recenti sulla periferia romana, alcuni sono anche tra i più belli del cinema italiano recente... Da "Non essere cattivo" a "Fiore" a "Cuori puri" e molti altri.

La differenza sostanziale è che si tratta di registi nati in altre zone e che parlano della periferia senza conoscerla, avendola studiata ma non vissuta. Sono tutti bei film quelli che hai citato, ma a volte rischiano di essere macchiettistici, noi vivendo ancora lì e conoscendo questo mondo abbiamo cercato di evitare quella "patina" di finzione che molti degli altri film hanno e che ci infastidiva.
L'uscita di un film come "Non essere cattivo", che ha molte caratteristiche simili al nostro, ci ha anche dato qualche problema perché ne ha posticipato di molto la realizzazione.
"Fiore" è molto interessante, ma un film che ho amato moltissimo è sicuramente "Piccola patria", ahimé sconosciuto ai più.

Quali filmografie, quali autori vi sentite più vicini?

Cinque nomi a testa, lasciando fuori tantissimi autori che amiamo...
Fabio: Takeshi Kitano, John Ford, John Cassavetes, Werner Herzog e Rainer Werner Fassbinder.
Damiano: Billy Wilder, Ermanno Olmi, David Lynch, Tsukai Matsumoto e Kim Ki Duk (che ho amato da piccolo ma ora non sopporto più!).

Il cinema vi piace, è evidente.

Tantissimo. Una volta organizzavamo i nostri festival privati: ogni 4-5 mesi ne facevamo uno, ognuno dei due preparava una lista di 10 film e la proponeva all'altro, li vedevamo tutti e venti nel giro di qualche giorno e poi ci riunivamo come una vera giuria per dare i premi. Ricordo una volta (È Damiano a parlare, NdI) in cui vinse tutti i premi un film che aveva scelto mio fratello, un vero capolavoro, "Funeral parade of roses" di Matsumoto... Rosicai tantissimo, ma era il migliore di tutti.
Crediamo che "La terra dell'abbastanza" abbia dei legami con "Kids return" di Kitano, ovviamente non cercati consapevolmente, ma a cose fatte ci pare evidente.

01/06/2018, 08:30

Carlo Griseri