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Note di regia de "Il Tuttofare"


Note di regia de
Fin dalla stesura del soggetto, ho sempre immaginato Il Tuttofare come una sorta di romanzo di formazione comico sull’ingresso di un giovane nel mondo del lavoro: l’iniziazione alla società di un brillante studente universitario, costretto dalle circostanze sfortunate a scendere a patti con la propria coscienza pur di affermarsi. Lo spunto di partenza me l’ha fornito la realtà, in quanto le disavventure di Antonio non sono altro che la sintesi romanzata di tante piccole vicende di persone che conosco, mescolate ad esperienze autobiografiche (sono stato uno studente di giurisprudenza e conosco bene il mondo dei praticanti legali in quanto figlio d’avvocato).

L’uso della narrazione in prima persona, il tono semi serio e la propensione a fare satira sociale senza rinunciare all’intrattenimento e al rocambolesco hanno invece una derivazione letteraria, in quanto una delle fonti di ispirazione è stata “Il Lazarillo de Tormes”, capolavoro della letteratura spagnola e capostipite del romanzo picaresco. Così come avviene nel romanzo picaresco, alla figura di questo giovane ancora alla ricerca del proprio posto nel mondo ho contrapposto il personaggio di un potente, che diviene per il ragazzo una sorta di maestro, potremmo dire di mentore: Toti Bellastella, raffinatissimo ed elegantissimo professore universitario, nonché principe del foro, che predica il bene ma nel privato si comporta come gli pare e piace proprio in virtù dei privilegi acquisiti.

Una figura che ho immaginato come la summa di certi personaggi tipici della Commedia All’Italiana: i cialtroni, ovvero coloro che nascondono una grande scaltrezza dietro una facciata di apparente rispettabilità. Penso per esempio all’Ugo Tognazzi di “La giornata dell’onorevole”, episodio de “I Mostri” o al Vittorio De Sica de “Il Vigile”. E in effetti Bellastella l’ho immaginato proprio come un archetipo, quello del mentore che si trasforma in antagonista: una contraddizione in cui si esemplifica l’eterno conflitto generazionale tra coloro che occupano posizioni di potere e la massa di quelli che sognano di prenderne il posto o che, più semplicemente come in questo caso, vorrebbero solo un contratto di lavoro. Ecco “Il Tuttofare” vorrebbe essere una satira proprio su questa lotta per la sopravvivenza in cui siamo tutti coinvolti: il ricco e il povero, l’arrampicatore sociale e il raccomandato, il poveraccio senza santi in paradiso e il potente di turno, che poi solitamente è quello che alla fine vince sempre.

Valerio Attanasio