Fondazione Fare Cinema
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Note di regia di "Chi salverà le rose?"


Note di regia di
Giulio, Claudio, Valeria, Marco, poi Eugenio, Elisabetta, amici e giocatori.
Pochi personaggi per parlare d’amore. Per non avere dispersione, per offrire varianti in poche analisi, per andare veloci alla meta. Un insieme assortito di vite e vissuti, ma il concetto più forte, quello che avvolge e ti porta lassù, solo due del gruppo lo conoscono, l’hanno provato, e lo provano ancora.
L'omosessualità non arriva come tale, ma si inserisce nella storia con delicata naturalezza. Nessun richiamo a standard comportamentali, al "vizietto"... niente di tutto questo. Carlo Delle Piane e il suo compagno, innamorati dell'Amore. Il noto avvocato Santelia di “Regalo di Natale”, piccolo uomo, non solo bravo con le carte ma ancora più bravo con l’amore.
Il racconto è delicato e nel contempo forte ma si può esprimere cinematograficamente in un modo solo, in punta di piedi, attenti, affinché la nostra presenza artistica non si manifesti al di fuori del racconto stesso. La Regia è al servizio della storia, e la scelta di inquadrature e movimenti di macchina saranno assolutamente funzionali ad essa. Nessun tipo di acrobazie o dolly spettacolari, che sarebbero fuori luogo. La fotografia sarà volutamente molto calda e il ritmo narrativo fluido, sottolineato da una musica rispettosa dei silenzi. Musica fatta a volte di suoni e rumori, e che non miri a salire necessariamente sul podio.
Tutto, scene, costumi, trucco, musica compresa, spingerà in alto i due protagonisti della storia, e il loro sentimento anarchico, il loro esasperato legame con vita e morte, il loro desiderio di libertà, che a prescindere dal parere personale, diventa riscatto per tanti.
Forse è da qui che sono partito, ma il motivo non lo conosco. Ciò che mi ha spinto a scrivere la storia, arriverà alla mia comprensione come sempre in ritardo. Intuisco già qualcosa, ma non ne ho la certezza. C’è la mia disabilità, questo mi arriva. In qualche modo ho voluto mettercela, o forse nasce tutto da quello. Non che l’omosessualità intervenga o si allacci con problemi di disabilità, nel mio caso motoria, ma penso che in qualche modo entrambe si avvalgano della medesima strategia operativa per sopra vivere. Bruttissima cosa, strategia, certo, ma necessaria. Quando si ha qualcosa da coprire, si diventa camaleontici, ci si nasconde, spesso parzialmente come bambini, e anche se solo la testa è coperta, ci si sente invisibili. Mi piace, e mi è piaciuto Giulio, il suo coraggio, la sua strafottenza nell’affrontare una vita difficile ma esemplare. Non si nasconde, e nessuno cerca di nascondersi nella mia storia. Si ama, o si odia con spontaneità e con tutte le virgolette possibili, e si vive esattamente ciò in cui si crede. Una sorta di paradiso, a mio parere, e il fatto che a muovere tutto sia un amore forte, coinvolgente e totale, ne è la prova.
Mi piacerebbe che il pubblico avesse l’impressione di scoprire i misteri di questa bizzarra famiglia, gradatamente, come unico osservatore, anche con imbarazzo. Spettatore di uno spaccato di umanità eccezionale. E sempre gradatamente, formulasse una sua precisa ipotesi di conclusione, che poi non viene rispettata, ma si rispetta comunque. Un’azione finale del protagonista, che non si vede, se ne sente il rumore. Una scelta decisa che in qualche modo regala una distrazione, perché fuorvia. Miracolosamente, tutto il resto, com’è giusto che sia, risulta normale.

Cesare Furesi