Fondazione Fare Cinema
!Xš‚‰

VENEZIA 73 - Una buona prima prova per Michele Vannucci


In Orizzonti l'interessante "Il più grande sogno", ispirato alla vera storia di Mirko Frezza.


VENEZIA 73 - Una buona prima prova per Michele Vannucci
Tra le piacevoli scoperte di questa 73a edizione del festival di Venezia, c'è senza dubbio "Il più grande sogno", esordio alla regia di Michele Vannucci che mette in scena la storia di Mirko Frezza, da galeotto a presidente del comitato di un poverissimo quartiere romano.
Il regista ha raccontato a Cinemaitaliano la genesi del film.

Per il tuo esordio hai scelto un uomo con una storia fortissima alle spalle e gli hai chiesto di “riviverla” calato in un contesto di finzione. Dove sei andato a pescare Mirko?
Me lo presentò Alessandro Borghi negli anni del Centro Sperimentale, quando cercavo un attore per un corto su due bikers. Trovai in lui delle caratteristiche umane che mi rappresentavano e pensai di dedicargli un corto documentario. Ho registrato dieci ore di interviste, mettendomi in ascolto suo, della famiglia e della borgata, e scoprendo storie colpevolmente non raccontate dal cinema italiano. Arrivai nella sua zona portandomi dietro un immaginario alla “Romanzo criminale” o “Suburra”, finendo invece per ridere moltissimo e trovare tanta sincerità nelle persone.

A volte si ha come la sensazione che buona parte del film sia stato costruito direttamente sul set, perché hai ottenuto da tutti una grande naturalezza. Quale è stato il tuo approccio sul set?
L'unica cosa che potevo fare era quella di costruire delle buone premesse, affinché potesse succedere qualcosa di interessante davanti alla macchina da presa. Mirko è stato generoso, e come lui tutto il gruppo di persone con cui ho lavorato. C'è stato un lavoro enorme di struttura e scrittura, ma sapevo che tutto avrebbe funzionato attraverso la chiave della realtà. Così ho fatto in modo che nascessero delle relazioni umane sul set, e questo alla lunga ha creato bellezza.

Mirko è presente in quasi tutte le scene del film, e la sua è una prova da attore decisamente convincente. Che tipo di regista sei stato con lui?
Non credo alla direzione degli attori del tipo “questa fammela più triste”, perché così finisci per importi e violentare una persona. Dopo averlo intervistato ho scritto un testo che riuscisse a raccontare al tempo stesso la paternità e la chiamata alla responsabilità come cittadino. Gli ho chiesto di leggerlo, impararlo a memoria e poi buttarlo via. Siamo andati alla “Rustica” e ho messo in scena le mie fantasie che comunque provenivano da lui. E poi nel finale del film mi ha regalato una prova da attore straordinaria, di cui pochi in Italia sarebbero capaci. Tutto è frutto di un percorso di quattro anni, in cui il cinema ha cambiato le nostre vite e ci ha permesso di crearci un mestiere in modo pratico.

Il tuo film trova un perfetto equilibrio di sporcizia delle immagini e grande rigore narrativo. Come sei riuscito a far coincidere due elementi apparentemente distanti
Credo che molto dipenda dalle scelte che fai prima. Non mi piacciono alcuni film che cercano la pulizia finendo però per essere fine a se stessi. Amo i cortocircuiti, quei film che riescono a creare delle reazioni dentro alla macchina da presa e non nel pubblico, quelli che non cercano l'effetto ma un racconto sincero. Spero di riuscire a parlare a tutti.

05/09/2016, 19:09

Antonio Capellupo