Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Note di regia di "Troppo napoletano"


Note di regia di
“Troppo napoletano” è il racconto della scoperta dell’amore da parte di un bambino di 10 anni. Ciro, tenero scugnizzo napoletano, affronta per la prima volta questo sentimento così magico e devastante, quando si ritrova come compagna di banco la bella e raffinatissima Ludovica. Ma non soltanto d’amore parla il film. Oltre alle storie d’amore che coinvolgono i bambini e parallelamente gli adulti che si muovono intorno ai due giovani protagonisti infatti, c’è un altro personaggio che anima il racconto: la città di Napoli. Stupenda, maledetta, unica, Napoli. Perché esiste una sola Napoli, fatta però da diversi napoletani: ci sono i napoletani popolari e quelli borghesi. Miseria e nobiltà, antico e moderno, passato e futuro: insomma c’è “Napoli” e “Napoli Napoli”. Il dualismo genera la dialettica, e in qualche modo, una forma di contrapposizione è sempre alla base di qualsiasi storia. Ma in questo caso la lotta non è quella classica tra bene e male, ma quella ben più complessa tra bene e bene. Come avrà modo di capire il giovane protagonista del film infatti, non esiste un meglio e un peggio: a guardarlo bene, il golfo di Napoli ha la forma di un cuore, un cuore formato esattamente da due metà speculari. Come Ciro e Ludovica, come Debora, la madre di Ciro, e Tommaso, il timido e goffo psicologo che tiene in cura il ragazzino.
Volendo raccontare la doppia anima della medesima città, è necessario lavorare sulle sfumature. Qui non abbiamo nord e sud, ma sud e sud, e per cogliere le differenze tra napoletano e napoletano, vi è più che mai bisogno di verità. La sfida più difficile è probabilmente quella di trovare il giusto protagonista: un bambino di soli dieci anni in grado di reggere su di sé l’intera impalcatura del film. È Ciro infatti, il motore trainante di tutta la storia e il suo sguardo, incarnato dal costante voice over che accompagna lo spettatore, costituisce di fatto, il tono stesso del racconto. Ecco perché, in questa fondamentale scelta di casting, abbiamo cercato l’autenticità. Gennaro Guazzo, il giovanissimo attore che interpreta Ciro, è infatti realmente uno scugnizzo della Sanità, e la sua spiccata veracità diventa la matrice di tutte le scelte stilistiche del film. L’impiego di ambienti geograficamente autentici e sempre estremamente fedeli al racconto di finzione, una fotografia cruda e realistica ben lontana dagli stereotipi patinati della commedia, la canzone neomelodica che sovente funge da vera e propria “scenografia musicale”: tutto va nella direzione dell’autenticità.
Un’autenticità tenera e colorata, poetica ma anche estremamente comica: insomma quella verità complessa e a volte perfino contraddittoria, che rende la città di Napoli così magica ed affascinante.

Gianluca Ansanelli