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Note di regia di "Ogni Opera di Confessione"


Note di regia di
Per mesi mi sono domandato cosa stessi raccontando o cosa stessi realmente cercando dentro e attorno questo paesaggio di rovine. La ricerca, faceva inizialmente fede a principi accademici o teorici, legati al fenomeno della riqualificazione industriale, intesa in una prospettiva locale, ma esportabile in contesti globali. Immaginavo semplicemente di poter costituire un modello filmico, di riferimento al caso scientifico. Appena abbiamo iniziato a lavorare al film, il concetto di riqualificazione o rigenerazione, fino ad allora teorizzato, ha iniziato velocemente a far parte di un sistema di valori molto più complesso, che si avvicinava decisamente ad una scala di suggestioni o interpretazioni. Quelli in cui ci stavamo addentrando, erano luoghi caratterizzati da un’incessante incedere di onde e rifrazioni, magnetismi ricorrenti mi verrebbe da dire, che in maniera del tutto istintiva abbiamo deciso di affrontare. La storia di quel luogo è stata prima di tutto interiorizzata, dopodiché - attraverso un lento processo di rielaborazione - necessariamente decostruita al suo presente. Il nostro non è un viaggio storico dentro l'epica delle Officine Reggiane, ma piuttosto una riflessione sulla prospettiva più ampia del tempo. Ci interessava capire quali sono gli effetti che il tempo produce sullo spazio e sugli individui.

Alberto Gemmi

Parlerei di un film di gesti e le scelte di regia, avvenivano in funzione del gesto, anche se i movimenti o gli spostamenti hanno portato spesso i soggetti al di fuori del quadro ripreso. L’azione accade sempre e comunque sia che venga catturata o che non venga catturata: sono gesti talmente semplici che mostrarli in maniera chiara potrebbe solamente desacralizzarli. In quanto nascosti o poco chiari diventano sacri. A favore di questo punto, si aggiunge l’approccio temporale alle azioni, trasformando tutto in specie di tableau vivant semistatici che rinnegano un qualsiasi tipo di montaggio se non funzionale alla cadenza del film nella sua interezza. Cadenza, non ritmo. Come un susseguirsi di abitudini, uguali nei giorni, proprio perché ripetute diventano punti saldi della vita e del film. Attracco anche per le vite meno abitudinarie, che un ritmo non hanno se non sincopato. “Un imprevisto è la sola speranza. Ma mi dicono che è una stoltezza dirselo”. Scrisse Montale. E’ questo l’approccio che si è seguito: trattare ciò che è ordinario come straordinario, per scovare un nuovo modo di ritrovarsi stupefatti della vita. Un percorso irripetibile proprio perché simile a tanti altri.

Mirco Marmiroli