SEEYOUSOUND 2 - I corti documentari


SEEYOUSOUND 2 - I corti documentari
About Madaski
Interessante il programma di corti doc in concorso a Seeyousound.

ABOUT MADASKI
Scegliendo la classica forma dell’intervista, “About Madaski” raccoglie la voce di un musicista che classico non è e non è mai stato, ma nel ruolo di “testimone di se stesso” rivela una grande qualità comunicativa: Francesco Caudullo – in arte Madaski – cantante, tastierista, mago del sintetizzatore e prolifico produttore musicale, ci accompagna con generosità lungo il percorso della sua multiforme carriera artistica.
Curioso, appassionato, sperimentatore, viscerale, mai pago e sempre in fermento: la figura che emerge da questa lunga intervista ci restituisce un personaggio molto consapevole di sé, che ha vissuto e vive la musica in modo totalizzante. Grazie ad essa è sopravvissuto a un tumore che lo ha segnato a partire dal 1994, sfogando tutto il suo malessere nel suo prodotto più sperimentale e dirompente: l’album “Distorta diagnostica”.
Immagini di performance dal vivo costellano tutto il film, dando forma e suono alla narrazione, e ogni volta che le riprese tornano nello studio dove l’artista ci accolti per raccontarsi sentiamo di conoscerlo un po’ di più.
Perfetto nel suo genere.

BROOKLYN UNITED
A leggere la sinossi di “Brooklyn United” la storia di Ty Brown, direttore esecutivo della marching band Brooklyn United ed ex direttore della Brooklin Steppers, dovrebbe essere il centro del racconto. Lui e il suo allontanamento per cattiva condotta sessuale.
Fortunatamente il documentario comincia con tutt’altro, e subito ci si appassiona alla storia della B.U. – come la chiamano i giovani che ne fanno parte – e alla sua capacità di generare un senso di unità e identità tali da sconfiggere il pericoloso richiamo della strada.
Riproducendo in parte i saldi meccanismi di appartenenza propri delle gang, la B.U. focalizza l’attenzione e l’impegno dei suoi membri sul ballo, il canto e la musica, e i magnifici momenti di free style dei giovani rapper sono tutti da ascoltare, perché le parole – veraci e piene d’orgoglio – “le uniche volte che ci vedrai lottare per la strada è per fare i nostri beat” spiegano più di ogni programma educativo.
Interessante dunque il contesto, resta da seguire la storia di Ty Brown, che dopo la potenza del fenomeno complessivo è difficile possa interessare veramente, vista anche la poca linearità del racconto.
Noi ci accontentiamo di aver scoperto la B.U.

DIA DA MENTIRA
“Dia da mentira” (giorno della menzogna) è un fiume di parole e immagini che dà voce a un movimento di protesta contro il governo brasiliano, il Cordao da Mentira.
Si dice che quando una bugia viene ripetuta a lungo alla fine diventa verità; la bugia contro cui lottano i componenti del Cordao è il senso di normalizzazione della politica brasiliana: il 1° aprile 1964 ci fu un colpo di stato che stabilì una dittatura civile-militare, ma ormai oggi il Brasile si è evoluto, è una democrazia. Bugia: anche il Brasile odierno vive sotto una tirannia, convive con il terrorismo di stato, soggiace alla polizia militare, al bavaglio dell’informazione.
Il Cordao da Mentira mette insieme tutta la società civile che vuole farsi sentire oltre il silenzio in cui la si vuole relegare, dai collettivi politici ai gruppi teatrali, dagli studenti bianchi agli artisti del samba, ed è un fatto inedito: si uniscono in manifestazioni comuni che portano dai teatri alle piazze ai luoghi emblematici della tirannia.
Ricco di testimonianze ma poco lineare (si danno per scontate troppo cose e si ripetono sovente gli stessi concetti), il documentario insiste sul ruolo dirompente dell’unione tra diverse realtà, prima tra tutte il mondo del samba che, coinvolto dai gruppi politici, dà al movimento un respiro più ampio e lo aiuta a coinvolgere più persone.

JOÃO BATISTA
La semplicità che diventa perfezione.
Joao Batista è un personaggio che non si dimentica. Durante la giornata fa diversi lavori, che il documentario ci guida ad osservare: giardiniere, manovratore. Assistiamo alle sue azioni quotidiane in gran parte solitarie, ai gesti ripetitivi, alla normalità che lo conduce fino a sera. La telecamera si accomoda in un angolo e tutto ciò che vediamo sembra essere accaduto mille volte nello stesso modo, regolare, faticoso, rassicurante, monotono.
Ogni tanto irrompe qualche anomalia, un accenno di danza, l’attimo rubato di un esercizio che ben non comprendiamo.
E poi viene la sera. Joao Batista si traveste, si trasforma e sboccia: con un candore che conquista si apposta con una radio tra le strade della sua città e balla (Michael Jackson, per essere precisi), perché è questo il suo modo di andare incontro al mondo e farne parte. Joao Batista dona il suo semplice spettacolo ai passanti (vecchi, giovani, bambini, con i quali – sorridente – parla e si relaziona), e lo fa perché sente che è ciò che può dare.

MAKINI
“Perché non sono a casa?” La ong tanzanese “Makini” (parola che vuol dire intelligenza, eccellenza, bravura) nasce per dare una risposta a questa domanda e dal 2009 ad oggi ha aiutato molti bambini e ragazzi della Tanzania ad allontanarsi dalla strada, partendo dal teatro e dal ballo.
Intervallata da immagini di esercizi, movimenti di danza, teatro dell’immedesimazione, il cuore del documentario è l’intervista a Mujaya Nyakwesi, direttore esecutivo dell’associazione, mentre spiega le attività di Makini e soprattutto lo spirito da cui si parte ogni volta che si incontra un giovane per strada: si cerca di capire perché ha abbandonato casa, si prende contatto con la famiglia e si tenta il ricongiungimento. Tutto questo aiutando nello stesso tempo a dare sfogo e poi una direzione ai ragazzi “persi” attraverso la danza contemporanea e altre performance teatrali.

PAAX - Mayan Poetry
“Paax” (musica) parla di minoranze e di impegno per la sopravvivenza culturale, primo passo verso un ipotetico riscatto.
Nel misconosciuto ambiente dei maya si muove un gruppo rap composto da due ragazzi, i Mayan Poetry, che vogliono recuperare e mantenere la lingua maya a rischio di scomparsa. La strategia è rivolgersi ai giovani, il mezzo è l’hip hop.
Joel e Carlos hanno le idee chiarissime: i giovani maya si vergognano di quello che sono, sono intrappolati nel sistema che li stigmatizza e non riescono a immaginare che questo possa cambiare; ma a questo stato di cose bisogna ribellarsi, e le parole (con la musica come megafono) hanno il potere di risvegliare le coscienze.
Con una strumentazione a dir poco improvvisata e un talento su cui si potrebbe discutere, i Mayan Poetry sono carichi di passione e di ideali e il loro sogno a breve termine è potersi comprare un’attrezzatura migliore per essere più efficaci nella loro “missione”. Ogni anno partecipano a un concorso musicale organizzato dalla comunità maya, sperando prima o poi di vincere i soldi di cui hanno bisogno per fare il salto di qualità, e anche se la vittoria non gli arride non desistono.
Seguendo loro e le loro famiglie lungo un breve tratto del loro complicato tragitto, si sorride delle evidenti ingenuità, ma poi si arriva a pensare che forse meritano solo ammirazione.

27/02/2016, 15:30

Sara Galignano