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Note di regia di "Quo Vado"


Note di regia di
In Italia, negli anni sessanta, per contrastare l’avanzata del comunismo si assumevano migliaia di statali. Gli impiegati pubblici hanno salvato la democrazia nel nostro Paese. Immaginate quanti uomini e donne che avevano un talento l’hanno dovuto sacrificare per quella che si definiva “la sicurezza”, il posto fisso. Non c’era genitore che, a un figlio con qualità artistiche, non lo consigliasse-costringesse a un più sereno pubblico incarico con stipendio sicuro. Stesso destino lo subisce l’imprenditore che, dal doversi inventare qualcosa di valido per il mercato, riceve fondi statali che annientano la sua creatività, la deriva del “made in Italy”. Il nostro Paese subisce in quegli anni un capovolgimento psicologico, si passa dai concetti futuristico-fascisti di coraggio e intraprendenza, anche troppa, al senso rasserenante impiegatizio democristiano che accompagnerà tutto il corso della prima repubblica, un profilo sociale che arriva fino al nostro contemporaneo segnandolo ancora e profondamente. Sì perché, svegliarsi da quel torpore durato oltre cinquant’anni non è così facile. L’attuale mondo del lavoro mostra le sue fredde complessità a un Paese che fa ancora richiesta di modelli assistenzialistici. Specchio delle difficoltà di concepire il nuovo senso di occupazione si avverte in frasi tipo “mio figlio è stato costretto ad andare a lavorare all’estero”.

In quel “costretto” si annida tutta l’impossibile comprensione del presente. Stessa cosa vale per gli imprenditori, “lo Stato faccia qualcosa” invece che la ricerca d’invenzioni e creatività interessanti. “Quo Vado?” parte da tutto questo. È il racconto di un tempo in bilico tra certezza e incertezza, dove Checco, figlio di quella mentalità assistenzialista, deve “provarsi a vivere”. A tendere una mano a Checco è Valeria, una giovane ricercatrice che studia il surriscaldamento del pianeta e il suo effetto sugli animali. Ad animare la vita di Valeria è il tentativo di salvare il mondo da mutamenti irreversibili che mettono a repentaglio la sua stessa sopravvivenza, ad animare Checco è l’ottusa ricerca di salvare il suo posto fisso. Checco non ha ancora capito che il posto fisso si sta estinguendo proprio come quegli animali che Valeria cerca disperatamente di salvare. Inizia per Checco un nuovo tempo che gli fa richiesta di coraggio, di determinazione, di partecipazione, a lui che è stato sempre e solo interessato al suo piccolo microcosmo fatto da ufficio, casa dei genitori, piccolo paese dove vive. Per Checco è giunto il tempo di aprirsi al mondo, di ospitare grandi ideali, di concepire un senso comunitario della vita, e Checco, per amore di Valeria, accetta di far parte del nuovo tempo. Abbiamo voluto chiamare questo nuovo tempo della vita di Checco “Tempo dell’educazione”. Checco ha compreso che la civiltà, da sola, serve a poco se non si accompagna all’educazione. L’educazione è la porta d’ingresso a un futuro carico di meravigliosa eternità.

Gennaro Nunziante