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FdP 56 - Intervista al regista Valerio Ciriaci


FdP 56 - Intervista al regista Valerio Ciriaci
Nel 2012, presso il comune di Affile, in provincia di Roma, il comune ha eretto un monumento dedicato al gerarca Rodolfo Graziani, che ha partecipato all'eccidio di Debre Libanos senza mai essere processato. Il regista Valerio Ciriaci ne parla nel suo "If only I were that warrior" e a Cinemaitaliano.info rivela cosa lo ha spinto a realizzare un film su una pagina così buia della nostra storia.

La notizia della costruzione ad Affile di un monumento in ricordo del gerarca fascista Rodolfo Graziani è partita su poche testate giornalistiche per poi divenire un caso di portata internazionale. Cosa ti ha spinto a trasformare la lettura di un articolo in un film?
La prima reazione ricordo che fu di grande sorpresa, perchè conoscevo la storia di Graziani, anche se non così nel dettaglio. Dopo la sorpresa e dopo aver studiato su dei testi è arrivata l'indignazione e poi la curiosità di capire come fosse stato possibile nel 2012 realizzare un monumento ad un gerarca fascista. A quel punto mi sono domandato come fosse possibile che i gerarchi impegnati in Etiopia non fossero mai stati condannati. E' stata una strategia ponderata di amnesia, qualcosa di voluto. E' partita subito dopo il dopoguerra con l'assenza di processi, e poi è proseguita con la diffusione del mito degli "italiani brava gente". Una convinzione veramente radicata, tanto che ti trovavi a parlare con persone di cui non avresti mai sospettato e ti accorgevi quanto fosse diventata un'idea dura da sradicare.

Qualche mese fa il governatore Zingaretti ha revocato il finanziamento al comune, specificando che quei soldi dovevano essere spesi per un monumento al milite ignoto. Ciò che fa riflettere è l'aspetto politico, come pensi che sia possibile che una giunta comunale proponga e realizzi qualcosa di simile?
Certo non posso entrare nella testa del sindaco, ma la causa credo vada attribuita alla mancanza di memoria condivisa. Manca la conoscenza del percorso di Graziani e degli eccidi di cui è responsabile. Ad Affile la proposta della giunta comunale ha trovato terreno molto fertile, anche se qualcuno contro c'era tanto che è nato un comitato di antifascisti, ma sempre una minoranza. Poi va detto che Graziani ha passato pochissimi mesi in carcere, e poi è tornato a vivere ad Affile, ha costruito strutture e ha insegnato nelle scuole come maestro fino a far parte del Movimento Sociale Italiano, ripulendosi un po l'immagine. Ciò che ha fatto il presidente Zingaretti ha ridato una forza anche un po alle opposizioni, ma il finale del film mostra come il monumento nonostante la revoca dei finanziamenti, stia ancora li.

Tra le varie interviste realizzate ti sei mai trovato di fronte a posizioni così estreme da non voler inserire nel film?
La storia degli eccidi italiani in Africa è molto ampia e chiaramente abbiamo scelto di concentrarci solo su quello di Addis Abeba. Abbiamo raccolto più di cento ore di girato e dovuto cancellare una decina di personaggi da cui potevano nascere altri film. I tre personaggi scelti sono un italiano in Etiopia, un etiope a Roma e un italoamericano, che in qualche modo rappresentavano tre interpretazioni differenti della storia. Alcuni temi più delicati sono usciti fuori ad Affile, ma nella più totale normalità, perchè loro sono assolutamente convinti delle loro posizioni.

Oltre alle interviste c'è stato un grande lavoro di ricerca storica. Quanto del tuo progetto iniziale si è basato sugli archivi?
Prima di iniziare il film la cosa importante era riuscire a trovare il giusto equilibrio tra la Storia e le storie più piccole e personali che si intrecciano ed è stata una bella sfida. Crediamo che la parte storica con le parole di Mauro Canali e l'archivio sia fondamentale per il documetario. Gli scatti li abbiamo trovati presso l'archivio di Stato nel fondo Graziani, incredibilmente mai stato mostrato al pubblico e mai utilizzato.

01/12/2015, 22:38

Antonio Capellupo