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FESTIVAL DI ROMA 9 - "Largo Baracche"


Gaetano Di Vaio presenta il suo film in Prospettive Italia che può considerarsi il manifesto alla base della idea produttiva dei suoi “Figli del Bronx”


FESTIVAL DI ROMA 9 -
"Largo Baracche" di Gaetano Di Vaio in Prospettive Italia
Il film gioca tra finzione e realtà, mescolando il documentario con delle sequenze “ricostruite”: una scena di ordinaria violenza immotivata tra ragazzi dei Quartieri Spagnoli, malfamati per storia, subito interrotta dall'entrata in campo del regista stesso o il tenero momento del parcheggiatore abusivo che si sfoga e cerca conforto con la moglie dopo una pesante multa dei vigili.

Diverse cifre stilistiche e sottotrame si intrecciano nel racconto della quotidianità di sette ragazzi che fanno gruppo intorno al più carismatico di loro, Carmine Monaco detto ‘O track poi diventato caratterista della Gomorra tv. Suo cugino è Giovanni Savio che fa i conti con il proprio passato di appartenenza, figlio dell'ex-boss dei Quartieri, Mario detto “Marittiell ‘O bellillo”, agli arresti domiciliari durante le riprese del film e poi di nuovo in carcere a Poggioreale. “Non bisogna guadagnare per morire ma per vivere” dice Giovanni mentre chiede agli uomini che lavoravano per il clan di suo padre, perennemente assente, aneddoti e ragguagli.

Ma è lo stesso Di Vaio che si mette in gioco anche attraverso immagini di repertorio, in una intervista degli anni ’90, quando anche lui allora ragazzo viene intervistato da un giornalista della Rai sulla condizione dei ragazzi napoletani dei quartieri spagnoli: centro della città, ma da questo lontani come Scampìa, la Sanità e tutte quelle aree che vivono l’emarginazione. Il risultato è quello di un film godibile e scanzonato nonostante la crudezza degli argomenti trattati nella loro complessità.

Un film sulla speranza, sulla possibilità di sognare nonostante tutto e che ricorda a tratti la poetica sincera di un regista e produttore d’oltralpe, il marsigliese Robert Guédiguian, impegnato nella difesa dei poveri, degli umili e degli oppressi. "Largo Baracche" diventa così metafora della libertà di essere se stessi perché “chi si vuole salvare si salva da sé” in un luogo dove le opportunità sono ancora eccezioni. Gaetano Di Vaio, mèntore ed artista mostra di avercela fatta attraverso gli occhi e le parole di questi ragazzi, alla ricerca di un tempo perduto e di un futuro diverso da quello che ci sembra già cucito addosso. Il mondo salvato dai ragazzi che alla fascinazione e solitudine del crimine rispondono con la fantasia, la forza ed il coraggio.

24/10/2014, 15:49

Maria Di Lauro