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LA GRANDE BELLEZZA - Un Oscar meritato


LA GRANDE BELLEZZA - Un Oscar meritato
Dopo la delusione dello scorso anno a Cannes ecco quanto avevo scritto: “Nella rosa dei vincitori di Cannes non c’è La grande Bellezza. L’assenza sorprende ma ha una spiegazione logica consequenziale: la giuria di Spielberg era focalizzata su problemi sociali d’attualità e Sorrentino non entrava nella sua ottica. Paolo Sorrentino, pur avendo realizzato un grande film, un’opera metafisica di cinematografia visionaria che non prende in esame la crisi finanziaria ma la crisi cosmica di anime, dovrà pazientemente attendere un’altra occasione per essere “palmato”.

Ora il tempo è venuto e il regista napoletano ha vinto meritamente l’Oscar del Miglior Film straniero. Quindici anni fa il 21 marzo 1992 Roberto Benigni che “passeggiò” sulle poltroncine del Dorothy Chandler Pavilion di Los Angeles vinse con tre «La vita è bella» tre statuette: miglior film straniero, miglior attore protagonista e miglior colonna sonora. Paolo Sorrentino è così il nuovo erede di un gruppo di grandi registi italiani da De Sica a Fellini a Tornatore a Salvatores, a Bertolucci che hanno avuto fortuna oltreoceano affermando la grandezza del cinema italiano.

Il film del regista napoletano dalla regia superlativa e dalla fotografia incantatoria dall’interpretazione magistrale e cinica di Servillo, è un’ opera visionaria, barocca di una società decadente, blasé e in disfacimento. Specchio grottesco e repellente da rigetto di una Roma d’oggi. La Roma di Sorrentino non è quella di Fellini, è una città bellissima, ammaliatrice, ma in decomposizione, come diverse delle signore che nel film si agitano, si annoiano e si spengono. Quella di Federico Fellini era invece paradossale, popolare e melanconica. A parer mio, l’unico elemento veramente in comune tra le due "rome" è la caducità, l’inutilità di un tipo di esistenza e il senso profondo della morte che si coglie nelle immagini della Dolce vita e di La Grande Bellezza. Il cronista dandy Jep Gambardella, autore di un solo libro, disincantato, cinico, dannunziano e abitante delle notti romane è l’incarnazione di questa città in tutto il suo splendore e la sua decadenza.

04/03/2014, 07:46

Augusto Orsi